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    P000 - ESAMI DI STATO CONCLUSIVI DEI CORSI DI STUDIO DI
    ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE

     


    PROVA DI ITALIANO


    (per tutti gli indirizzi: di ordinamento e sperimentali)



     

    Svolgi la prova, scegliendo una delle quattro tipologie qui proposte.


     

    TIPOLOGIA A  -  ANALISI DEL TESTO

     

    Dante Alighieri, Paradiso, canto XI, versi 43-63 e 73-87: nel cielo del Sole Dante incontra san Tommaso d’Aquino, che gli narra la vita di san Francesco e ne esalta l’opera.



     

     

    43

    «Intra Tupino e l’acqua che discende

    Intra Tupino …Nocera con Gualdo: ampia descrizione del territorio, tra i fiumi Topino e Chiascio, il monte Subasio (scelto come luogo di eremitaggio dal beato Ubaldo), Perugia, Nocera e Gualdo, al centro del quale sorge Assisi, città natale di san Francesco

    44

    del colle eletto dal beato Ubaldo

    45

    fertile costa d’alto monte pende,

    46

       onde Perugia sente freddo e caldo

    47

    da Porta Sole; e di rietro le piange

    48

    per grave giogo Nocera con Gualdo.

    49

       Di questa costa, là dov’ella frange

     

    50

    più sua rattezza, nacque al mondo un sole,

    un sole, / come fa questo talvolta di Gange: nacque un essere umano pieno di luce e calore, come talvolta ci appare il vero sole appena sorto in Oriente (dalle parti del fiume Gange)

    51

    come fa questo talvolta di Gange.

    52

       Però chi d’esso loco fa parole,

    Però: perciò

    53

    non dica Ascesi, ché direbbe corto,

    Ascesi: forma locale antica del nome di Assisi

    54

    ma Orïente, se proprio dir vuole.

     

    55

       Non era ancor molto lontan da l’orto,

    l’orto: la nascita (dal latino ortus)

    56

    ch’el cominciò a far sentir la terra

    la terra: al mondo

    57

    de la sua gran virtute ogni conforto;

     

    58

       ché per tal donna, giovinetto, in guerra

    per tal donna…a cui,…la porta del piacer nessun diserra: venne in lite con suo padre a causa di una donna alla quale, come alla morte, nessuno apre volentieri la porta

    59

    del padre corse, a cui, come a la morte,

    60

    la porta del piacer nessun diserra;

    61

       e dinanzi a la sua spirital corte

    spirital corte et coram patre: davanti alla corte ecclesiastica (il vescovo e il clero) e in presenza del padre

    62

    et coram patre le si fece unito;

    63

    poscia di dì in dì l’amò più forte.

     

     

    73

     

      Ma perch’io non proceda troppo chiuso

     

    74

    Francesco e Povertà per questi amanti

     

    75

    Prendi oramai nel mio parlar diffuso.

     

    76

       La lor concordia e i lor lieti sembianti,

     

    77

    amore e maraviglia e dolce sguardo

     

    78

    facìeno esser cagion di pensier santi;

    facìeno esser cagion di pensier santi: facevano nascere santi pensieri in altre persone

    79

       tanto che ’l venerabile Bernardo

    venerabile Bernardo: Bernardo d’Assisi, primo seguace di san Francesco, e quindi primo a vestire come lui, che, imitando gli Apostoli, camminava scalzo

    80

    si scalzò prima, e dietro a tanta pace

    81

    corse e, correndo, li parve esser tardo.

     

    82

       Oh ignota ricchezza! Oh ben ferace!

     

    83

    Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro

    Egidio … Silvestro: anche loro di Assisi e tra i primi seguaci del santo

    84

    dietro a lo sposo, sì la sposa piace.

     

    85

       Indi sen va quel padre e quel maestro

    Indi sen va: allude agli incontri con i pontefici per ottenerne l’approvazione, e alle future predicazioni di Francesco e dei seguaci in Italia e fuori

     

     

     

    86

    con la sua donna e con quella famiglia

     

    87

    che già legava l’umile capestro»

    che già legava l’umile capestro: già si cingeva con il rozzo cordone sulla tonaca, tipico dell’Ordine francescano

     



    Nel quarto cielo, quello del Sole, Dante, guidato sempre da Beatrice, ha incontrato una corona di dodici «fulgori», che sono le anime di altrettanti celebri sostenitori della fede religiosa. Uno di questi, san Tommaso d’Aquino, gli descrive in particolare le figure di san Francesco di Assisi, fondatore dell’Ordine dei Francescani, e san Domenico di Guzman, fondatore dell’Ordine dei Domenicani: l’uno e l’altro Ordine di fondamentale importanza nella storia della Chiesa a partire dal secolo XIII. La figura del primo viene presentata, nel discorso di san Tommaso, attraverso una distesa descrizione realistica dei suoi luoghi di origine e una precisa ricostruzione della sua vicenda biografica: giovanetto e figlio di un mercante, rifiutò l’agiatezza della famiglia e pubblicamente, davanti al vescovo della sua città, si spogliò di tutti i beni e dei vestiti per fare voto di povertà e in questo modo subito attrasse a sé altri giovani. Era nato così l’Ordine dei frati francescani, riconosciuto poi dall’autorità papale.

     

    1.      Comprensione del testo


    Individua nei versi riportati le tre parti della ricostruzione dell’evento: l’ambiente geografico, la scena iniziale della dedizione di Francesco alla vita religiosa, l’effetto di trascinamento sugli altri. Fai una parafrasi distinta delle tre parti, in non più di 20 righe complessive.


    2.      Analisi del testo


     

    2.1. Anche senza dare una precisa spiegazione della descrizione topografica dei versi 43-51, rileva nell’insieme e commenta, per il suo effetto di plasticità e di realismo paesaggistico, la frequenza dei nomi di luogo e dei termini geografici e climatici.

    2.2. Per Perugia si nomina, al v. 47, la Porta Sole, così detta perché rivolta a Levante, da dove entrava in città sia il freddo (proveniente dalle vicine montagne nevose d’inverno), sia il caldo (al sorgere del sole). Il sole richiama il vero Oriente geografico (specificato mediante il nome del grande fiume indiano, il Gange) e diventa anche simbolo per indicare la figura del santo, che «nacque al mondo» proprio come un sole. Commenta questo passaggio da una scena di ambiente naturale all’immissione di elementi simbolici.

    2.3. Interpreta letteralmente l’espressione dei versi 49-50 «questa costa, là dov’ella frange / più sua rattezza», con la quale si indica la posizione topografica di Assisi.

    2.4. Dante usa la forma locale antica del nome di Assisi, cioè «Ascesi». In questo modo, può ricavare dal nome un significato allegorico, derivato da un verbo e da un sostantivo che si adattano chiaramente ai valori della vita del santo: quale verbo e quale sostantivo?

    2.5. Nei versi da 58 fino alla fine la scelta della povertà come ideale di vita viene illustrata ripetutamente con una terminologia particolare: individuala e commentala.

    2.6. L’ardore ascetico genera anche foga e concitazione di movimenti. In quali versi e con quali termini Dante descrive questo effetto, generato nei seguaci dall’esempio di Francesco? Bada anche al ritmo di alcuni versi e alla presenza di esclamazioni.

     

    3.      Interpretazione complessiva e approfondimenti


    Nella ricostruzione della vicenda di san Francesco, Dante ha condensato un ampio capitolo di storia religiosa del nostro Medioevo. Né va dimenticato che il poeta ha messo questa ricostruzione in parallelo a quella dell’opera di san Domenico, altro campione di quella storia, e che tutto l’episodio è affidato alle parole di san Tommaso, massimo teologo dell’epoca. Attraverso queste veloci scene ideate dalla sua fantasia, Dante evoca importanti questioni di assetto che andava assumendo al suo tempo la struttura della Chiesa, bisognosa di organismi controllati da regole. Richiamandoti anche, se lo ritieni, ad illustrazioni figurative del santo, che ricordi, esprimi le tue considerazioni sull’importanza degli ordini religiosi, francescano e domenicano, nella storia della Chiesa e nella diffusione del messaggio evangelico nel mondo.

     


    TIPOLOGIA B  -  REDAZIONE DI UN “SAGGIO BREVE” O DI UN “ARTICOLO DI GIORNALE”


        (puoi scegliere uno degli argomenti relativi ai quattro ambiti proposti)


     

    CONSEGNE

     

    Sviluppa l’argomento scelto o in forma di “saggio breve” o di “articolo di giornale”, utilizzando i documenti e i dati che lo corredano.

    Se scegli la forma del  “saggio breve”,  interpreta e confronta i documenti e i dati forniti e su questa base svolgi, argomentandola, la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio.

    Da’ al saggio un titolo coerente con la tua trattazione e ipotizzane una destinazione editoriale (rivista specialistica, fascicolo scolastico di ricerca e documentazione, rassegna di argomento culturale, altro).

    Se lo ritieni, organizza la trattazione suddividendola in paragrafi cui potrai dare eventualmente uno specificotitolo.

    Se scegli la forma dell’ “articolo di giornale”, individua nei documenti e nei dati forniti uno o più elementi che ti sembrano rilevanti e costruisci su di essi il tuo ‘pezzo’.

    Da’ all’articolo un titolo appropriato ed indica il tipo di giornale sul quale ne ipotizzi la pubblicazione (quotidiano, rivista divulgativa, giornale scolastico, altro).

    Per attualizzare l’argomento, puoi riferirti a circostanze immaginarie o reali (mostre, anniversari, convegni o eventi di rilievo).

    Per entrambe le forme di scrittura non superare le quattro o cinque colonne di metà di foglio protocollo.

     

     

    1.  AMBITO   ARTISTICO - LETTERARIO

     

    ARGOMENTO: I luoghi dell’anima nella tradizione artistico-letteraria.

     

    DOCUMENTI

     

    Chiare, fresche e dolci acque,

    date udïenza insieme

    ove le belle membra

    a le dolenti mie parole estreme.

    pose colei che sola a me par donna;

    - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

    gentil ramo ove piacque

    La morte fia men cruda

    (con sospir mi rimembra)

    se questa spene porto

    a lei di fare al bel fianco colonna;

    a quel dubbioso passo:

    erba e fior che la gonna

    ché lo spirito lasso

    leggiadra ricoverse

    non poria mai in piú riposato porto

    co l’angelico seno;

    né in piú tranquilla fossa

    aere sacro, sereno,

    fuggir la carne travagliata e l’ossa.

    ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse:

    F. PETRARCA, Il Canzoniere, CXXVI, 1345

     

     

     

    Frate Lorenzo: Tu sei esiliato di qui, da Verona; pazienza, il mondo è grande e vasto.

    Romeo: Non esiste mondo fuori delle mura di Verona: non c’è che purgatorio, supplizio, l’inferno stesso.

    Essere esiliato di qui, vuol dire essere esiliato dal mondo e l’esilio dal mondo è la morte: l'esilio è dunque una morte sotto falso nome.

    W. SHAKESPEARE, Giulietta e Romeo, atto III, scena III

     

     

     

    Te beata, gridai, per le felici

    désti a quel dolce di Calliope labbro

    aure pregne di vita, e pe' lavacri

    che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma

    che da' suoi gioghi a te versa Apennino!

    d'un velo candidissimo adornando,

    Lieta dell'aer tuo veste la Luna

    rendea nel grembo a Venere Celeste;

    di luce limpidissima i tuoi colli

    ma piú beata che in un tempio accolte

    per vendemmia festanti, e le convalli

    serbi l'itale glorie, uniche forse

    popolate di case e d'oliveti

    da che le mal vietate Alpi e l'alterna

    mille di fiori al ciel mandano incensi:

    onnipotenza delle umane sorti

    e tu prima, Firenze, udivi il carme

    armi e sostanze t' invadeano ed are

    che allegrò l'ira al Ghibellin fuggiasco,

    e patria e, tranne la memoria, tutto.

    e tu i cari parenti e l'idïoma

    U. FOSCOLO, I Sepolcri, 1806

     


     

    Sempre caro mi fu quest'ermo colle,

    odo stormir tra queste piante, io quello

    e questa siepe, che da tanta parte

    infinito silenzio a questa voce

    dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.

    vo comparando: e mi sovvien l'eterno,

    Ma sedendo e mirando, interminati

    e le morte stagioni, e la presente

    spazi di là da quella, e sovrumani

    e viva, e il suon di lei. Così tra questa

    silenzi, e profondissima quïete

    immensità s'annega il pensier mio:

    io nel pensier mi fingo, ove per poco

    e il naufragar m'è dolce in questo mare.

    il cor non si spaura. E come il vento

    G. LEOPARDI, L’Infinito, dai «Canti», 1819

     

     

    «Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de' suoi più familiari; torrenti, de' quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana!...Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s’imparò a distinguere dal rumore de’ passi comuni il rumore d’un passo aspettato con un misterioso timore…Addio, chiesa, dove l’animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov’era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l’amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio!»

    A. MANZONI, I promessi sposi, VIII, 1840

     

    Sempre un villaggio, sempre una campagna

    Là nelle stoppie dove singhiozzando

    mi ride al cuore (o piange), Severino:

    va la tacchina con l'altrui covata,

    il paese ove, andando, ci accompagna

    presso gli stagni lustreggianti, quando

    l'azzurra vision di San Marino:

    lenta vi guazza l'anatra iridata,

     

     

    sempre mi torna al cuore il mio paese

    oh! fossi io teco; e perderci nel verde,

    cui regnarono Guidi e Malatesta,

    e di tra gli olmi, nido alle ghiandaie,

    cui tenne pure il Passator cortese,

    gettarci l'urlo che lungi si perde

    re della strada, re della foresta.

    dentro il meridiano ozio dell'aie;

    ……………………………………

    G. PASCOLI, Myricae, 1882



     

    «…si udiva il mare che russava lì vicino, in fondo alla straduccia, e ogni tanto sbuffava, come uno che si volti e rivolti pel letto…. Le stelle ammiccavano più forte, quasi s'accendessero, e i Tre Re scintillavano sui fariglioni colle braccia in croce, come Sant'Andrea. Il mare russava in fondo alla stradicciuola, adagio adagio, e a lunghi intervalli si udiva il rumore di qualche carro che passava nel buio, sobbalzando sui sassi, e andava pel mondo il quale è tanto grande che se uno potesse camminare e camminare sempre, giorno e notte, non arriverebbe mai, e c'era pure della gente che andava pel mondo a quell'ora, e non sapeva nulla di compar Alfio, né della Provvidenza che era in mare, né della festa dei Morti; così pensava Mena sul ballatoio aspettando il nonno.»

    G. VERGA, da I Malavoglia, 1881

     

     

     

    Quella, che tu credevi un piccolo punto della
    terra, fu tutto.

    Giovinetti amici, più belli d’Alessandro e d’Eurialo,

    per sempre belli, difendono il sonno del mio ragazzo.

    E non sarà mai rubato quest’unico tesoro

    L’insegna paurosa non varcherà mai la soglia

    ai tuoi gelosi occhi dormienti.

    di quella isoletta celeste.

    Il tuo primo amore non sarà mai violato.

     

     

    E tu non saprai la legge

    Virginea s’è rinchiusa nella notte

    ch’io, come tanti, imparo,

    come una zingarella nel suo scialle nero.

    - e a me ha spezzato il cuore:

    Stella sospesa nel cielo boreale

    fuori del limbo non v’è eliso.

    eterna: non la tocca nessuna insidia.

     

    E. MORANTE, L’Isola di Arturo, Dedica, 1957

     


    «Faceva un caldo che non era scirocco e non era arsura, ma era soltanto caldo. Era come una mano di colore data sul venticello, sui muri gialletti della borgata, sui prati, sui carretti, sugli autobus coi grappoli agli sportelli. Una mano di colore ch’era tutta l’allegria e la miseria delle notti d’estate del presente e del passato. L’aria era tirata e ronzante come la pelle di un tamburo…Tutto un gran accerchiamento intorno a Roma,…ma pure dentro Roma, nel centro della città, magari sotto il Cupolone: sì proprio sotto il Cupolone, che bastava mettere il naso fuori dal colonnato di Piazza San Pietro, verso Porta Cavalleggeri, e èccheli llì, a gridare, a prender d’aceto, a sfottere, in bande e in ghenghe intorno ai cinemetti, alle pizzerie, sparpagliati poco più in là, in via del Gelsomino, in via della Cava, sugli spiazzi di terra battuta delimitata dai mucchi di rifiuti dove i ragazzini di giorno giocano a palla.»

    P. P. PASOLINI, Ragazzi di vita, 1955

     

     

     

    Dove sono Elmer, Herman, Bert, Tom e Charley,    uno morì in prigione,
    l'abulico, l'atletico, il buffone, l'ubriacone, il rissoso?    uno cadde da un ponte lavorando per i suoi cari -
    Tutti, tutti, dormono sulla collina.    tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina.
    Uno trapassò in una febbre,     
    Uno fu arso nella miniera,     
    Uno fu ucciso in rissa,    E. L. MASTERS, La collina,
    dall’«Antologia di Spoon River», trad. F. Pivano, 1943

     

     

    Marc CHAGALL, Il violinista sul tetto, 1912

     

    Vitebsk, che compare sullo sfondo, è il villaggio natale di Chagall, il “luogo dell’anima” a cui il pittore fa riferimento in tutta la sua esperienza di vita, anche nel fortunatissimo periodo parigino.
    Il violinista sul tetto suggerisce la condizione dell’Ebreo nel mondo, instabile come quella di un musicista che cerca di suonare il suo strumento restando in equilibrio in cima ad una casa.

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    2.  AMBITO            SOCIO - ECONOMICO

     

    ARGOMENTO: Alle basi della convivenza civile e dell’esercizio del potere: giustizia, diritto, legalità.

     

    DOCUMENTI

    «…l’uomo solo, tra gli animali, ha la parola:…la parola è fatta per esprimere ciò che è giovevole e ciò che è nocivo e, di conseguenza, il giusto e l’ingiusto: questo è, infatti, proprio dell’uomo rispetto agli altri animali, di avere, egli solo, la percezione del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto e degli altri valori: il possesso comune di questi costituisce la famiglia e lo stato…quand’è perfetto, l’uomo è la migliore delle creature, così pure, quando si stacca dalla legge e dalla giustizia, è la peggiore di tutte…Ora la giustizia è elemento dello stato; infatti il diritto è il principio ordinatore della comunità statale e la giustizia è determinazione di ciò che è giusto.»

    ARISTOTELE, Politica, I, Cap.1,2

     

    «Osservate che la parola diritto non è contraddittoria alla parola forza, ma la prima è piuttosto una modificazione della seconda, cioè la modificazione più utile al maggior numero. E per giustizia io non intendo altro che il vincolo necessario per tenere uniti gl’interessi particolari, che senz’esso si scioglierebbono nell’antico stato d’insociabilità; tutte le pene che oltrepassano la necessità di conservare questo vincolo sono ingiuste di lor natura. Bisogna guardarsi di non attaccare a questa parola giustizia l’idea di qualche cosa di reale, come di una forza fisica, o di un essere esistente; ella è una semplice maniera di concepire degli uomini, maniera che influisce infinitamente sulla felicità di ciascuno; nemmeno intendo quell’altra sorta di giustizia che è emanata da Dio e che ha i suoi immediati rapporti colle pene e ricompense della vita avvenire.»

    C. BECCARIA, Dei delitti e delle pene, Cap. II, 1764


    «Chi richiede una definizione della giustizia cerca di solito un concetto normativo, ossia un criterio che sia utile a distinguere il giusto dall’ingiusto. Per definire un tale concetto è possibile innanzi tutto riallacciarsi alle opinioni correnti. Questo modo di procedere…si trova però dinanzi a una difficoltà: le opinioni su ciò che è giusto o ingiusto divergono ampiamente…limitandosi ai giudizi di giustizia ben ponderati, si osserva che sul piano dei fondamenti, sul piano dei principi della giustizia, si danno palesi divergenze di opinione. “A ognuno secondo le sue prestazioni”, afferma il liberalismo economico; “a ognuno secondo i suoi diritti legali”, si dice nello stato di diritto; “a ognuno secondo i suoi meriti”, si dice in molte aristocrazie; e il socialismo esige che si dia “a ognuno secondo i suoi bisogni”.»

    O. HÖFFE, Giustizia politica, Bologna, 1995

     

    «La domanda che ora dobbiamo porci è: ci sono principi chiari in base ai quali possiamo stabilire una distribuzione idealmente giusta dei diritti e dei privilegi, degli oneri e dei dolori, da assegnare agli esseri umani in quanto tali? C’è una posizione ampiamente diffusa secondo cui per rendere giusta una società si devono concedere certi diritti naturali a tutti i membri della comunità, e il diritto positivo deve come minimo incorporare e proteggere questi diritti, indipendentemente da quali altre regole esso possa poi contenere. Ma è difficile individuare nel senso comune il consenso sull’elenco preciso di questi diritti naturali, e ancor meno chiari sono quei principi da cui è possibile dedurli in modo sistematico.»

    H. SIDGWICK, I Metodi dell’etica, Milano, 1995

     

    «La giustizia è la prima virtù delle istituzioni sociali, così come la verità lo è dei sistemi di pensiero. Una teoria, per quanto semplice ed elegante, deve essere abbandonata o modificata se non è vera. Allo stesso modo, leggi e istituzioni, non importa quanto efficienti e ben congegnate, devono essere riformate o abolite se sono ingiuste. Ogni persona possiede un’inviolabilità fondata sulla giustizia su cui neppure il benessere della società nel suo complesso può prevalere. Per questa ragione la giustizia nega che la perdita della libertà per qualcuno possa essere giustificata da maggiori benefici goduti da altri…Di conseguenza, in una società giusta sono date per scontate eguali libertà di cittadinanza; i diritti garantiti dalla giustizia non possono essere oggetto né della contrattazione politica, né del calcolo degli interessi sociali…un’ingiustizia è tollerabile solo quando è necessaria per evitarne una ancora maggiore. Poiché la verità e la giustizia sono le virtù principali delle attività umane, esse non possono essere soggette a compromessi.»

    J. RAWLS, Una teoria della giustizia, Milano, 1982

     

    «Che l’idea di giustizia non si esaurisca nel fatto storico o positivo, ci è dimostrato dal suo perpetuo rinascere nella coscienza come esigenza assoluta…Senza cotesta vocazione e attività inesausta della coscienza, neppure si spiegherebbe la vita storica del diritto; poiché appunto da quella attitudine originaria ed insopprimibile dipende il plasmarsi e riplasmarsi continuo dei rapporti sociali e delle regole che li dominano…Chi viola leggermente le leggi scuote le basi stesse della vita civile, e vulnera le condizioni dalle quali dipende la rispettabilità della sua persona. Ma il culto della giustizia non consiste solo nell’osservanza della legalità, né vuole esser confuso con essa. Non coll’adagiarci supinamente nell’ordine stabilito, né coll’attendere inerti che la giustizia cada dall’alto, noi rispondiamo veramente alla vocazione della nostra coscienza giuridica. Questa vocazione c’impone una partecipazione attiva e indefessa all’eterno dramma, che ha per teatro la storia, e per tema il contrasto tra il bene e il male, tra il diritto e il torto. Noi non dobbiamo solo obbedire alle leggi, ma anche vivificarle e cooperare al loro rinnovamento…Chi dice giustizia, dice subordinazione ad una gerarchia di valori; e nulla è più contrario a un tale principio che l’arbitraria rimozione dei limiti che separano il lecito dall’illecito, il merito dal demerito…Solo la giustizia risplende, guida sicura, sul vario tumulto delle passioni…Senza di essa, né la vita sarebbe possibile, né, se anche fosse, meriterebbe di essere vissuta.»

    G. DEL VECCHIO, La Giustizia, Roma, 1959

     

    «B...In una qualsiasi società, e dunque anche in una società democratica, la funzione fondamentale del diritto è quella di stabilire le regole dell’uso della forza. Le regole dell’uso della forza vuol dire: chi deve esercitare l’uso della forza (non chiunque, ma solo coloro che sono autorizzati ad esercitarla); come (con un giudizio regolato); quando (non in un qualsiasi momento, ma quando sono state completate le procedure definite dalla legge); quanto (non puoi punire un furtarello nello stesso modo in cui punisci un omicidio). In uno Stato di diritto una delle grandi funzioni delle leggi è quella di stabilire come deve essere usato il monopolio della forza legittima  che lo Stato detiene.»

    N. BOBBIO e M. VIROLI, Dialogo intorno alla Repubblica, Roma – Bari, 2001

     

     

     

    3.  AMBITO            STORICO - POLITICO

     

    ARGOMENTO: La nascita della Costituzione repubblicana: il laborioso cammino dalla dittatura ad una partecipazione politica compiuta nell’Italia democratica.

     

    DOCUMENTI

     

    «Il fascismo aveva condotto il paese alla catastrofe, come gli antifascisti avevano previsto. Ma la resistenza, contrariamente alle loro speranze, non fu una palingenesi. Non occorsero molti mesi...per accorgersi che il fascismo, nonostante la guerra sanguinosa che aveva scatenato, era stato una lunga parentesi, chiusa la quale la storia sarebbe cominciata più o meno al punto in cui la parentesi era stata aperta…La Resistenza non fu una rivoluzione e tanto meno la tanto attesa rivoluzione italiana: rappresentò puramente e semplicemente la fine violenta del fascismo e servì a costruire più rapidamente il ponte tra l’età postfascista e l’età prefascista,  a ristabilire la continuità tra l’Italia di ieri e quella di domani.»

    N. BOBBIO, Profilo ideologico del Novecento, Milano, 1993

     

     

    «…Lo Statuto albertino fu fatto in un mese, dal 3 febbraio al 4 marzo 1848…fu una carta elargita da un sovrano il quale sapeva fino a che punto voleva arrivare; i suoi collaboratori, coloro che furono incaricati da lui di redigere quello Statuto, sapevano perfettamente quello che il sovrano voleva: non avevano da far altro che tradurre in articoli di legge le istruzioni già dosate da quell’unica volontà di cui lo Statuto doveva essere espressione… invece qui, in questa assemblea, non c’è una sola volontà, ma centinaia di libere volontà, raggruppate in diecine di tendenze, le quali non sono d’accordo su quello che debba essere in molti punti il contenuto di questa nostra carta costituzionale; sicché essere riusciti, nonostante questo, a mettere insieme, dopo otto mesi di lavoro assiduo e diligente, questo progetto, è già una grande prova, molto superiore a quella che fu data dai collaboratori di Carlo Alberto, in quel mese di lavoro semplice e tranquillo...È molto semplice, quando è avvenuto un rinnovamento fondamentale, una rivoluzione, insomma, di carattere sociale, in cui le nuove istituzioni sociali vivono già nella realtà, in cui la nuova classe dirigente è già al suo posto, prendere atto di questa realtà e tradurre in formule giuridiche questa realtà… Noi invece ci troviamo qui non ad un epilogo, ma ad un inizio. La nostra rivoluzione ha fatto una sola tappa, che è quella della repubblica; ma il resto è tutto da fare, è tutto nell’avvenire.»

    P. CALAMANDREI, Discorso all’ Assemblea Costituente del 4 marzo 1947

     

     

    «Nel corso del dibattito per la elaborazione della costituzione fu assai discusso il problema del rapporto che sarebbe dovuto intercorrere tra la nuova carta costituzionale e la società italiana:… da varie parti venne sottolineato come le nuove costituzioni tendano a codificare gli effetti di profondi sconvolgimenti sociali, generalmente conseguenti a rivoluzioni e come questo non fosse il caso dell’Italia postbellica. In tali condizioni, la costituzione non poteva non avere un carattere composito ed eterogeneo ed anche, per taluni aspetti, necessariamente programmatico… la più importante novità dell’Italia repubblicana rispetto a tutta la precedente storia unitaria consist(e) proprio nell’accordo su di un metodo di lotta politica e su alcuni principî generali, riassumibili nell’antifascismo, tra i partiti, e in modo particolare tra i partiti di massa. Ed è all’interno di questo quadro che dovranno essere viste non solo le trasformazioni strutturali veramente imponenti della società italiana nel secondo dopoguerra, ma anche la crescita civile realizzata attraverso la partecipazione dei cittadini, in quanto lavoratori, alla formazione della volontà generale.»

    E. RAGIONIERI, La storia politica e sociale, in “Storia d’Italia”, Einaudi, Vol. IV***, Torino, 1972

     

     

    «Nell’Italia del dopoguerra non vi erano le premesse reali di una democrazia fondata sulle autonomie e su un diffuso autogoverno; le intuizioni acute e generose in questo senso di ristrette élites intellettuali e politiche non potevano certo riempire il vuoto di una evoluzione secolare di segno opposto. Le ricerche fatte sull’area culturale liberal-democratica sono molto esplicite nel riconoscere il carattere élitario e perfino accademico di quegli apporti, per giunta profondamente divisi fra tradizioni diverse;…Oggi avvertiamo che la società politica è più ampia e più ricca della società partitica: avvertiamo che le grandi manifestazioni che riempiono le piazze, in cui si realizza ancora il magico rapporto di immedesimazione delle grandi masse con i capi carismatici – i capi e non più il capo, per fortuna – non esauriscono la domanda di partecipazione politica di cui il paese è capace… La partecipazione delle classi lavoratrici alla vita dello Stato, che è condizione essenziale della democrazia, non si esprime meccanicamente e stabilmente nei governi di unità popolare:… può benissimo esprimersi nelle forme dell’alternanza classica al potere di partiti che rappresentino forze sociali e tradizioni diverse. Ma le condizioni di questa alternanza in Italia non c’erano prima del fascismo e non sono state create nel breve periodo della collaborazione dei partiti antifascisti:…Non si può dunque considerare l’esito della fase costituente, per quanto riguarda gli equilibri politici, come la realizzazione di un modello.»

     

    P. SCOPPOLA, Gli anni della Costituente, fra politica e storia, Bologna, 1980


    «Se seguiamo il cammino percorso dai diritti di libertà, dalle prime «dichiarazioni» americane e francesi, fino alle formulazioni legislative ch’essi hanno avuto nelle più recenti costituzioni europee, assistiamo a un processo graduale di arricchimento e di specificazione di queste libertà: la tendenza della personalità umana ad espandersi nella vita politica, che inizialmente sembrava soddisfatta da poche libertà essenziali, sente il bisogno di conquistare sempre nuove libertà o di precisare sempre meglio quelle già ottenute, via via che le forze sociali oppongono in nuove direzioni nuovi ostacoli alla sua espansione. L’elenco dei diritti di libertà è pertanto un elenco aperto… Il cammino dei diritti di libertà si identifica col cammino della civiltà. Come è potuto dunque avvenire che questo movimento secolare di arricchimento  spirituale della persona umana, e insieme di partecipazione sempre più attiva del cittadino alla vita sociale, abbia subìto nell’ultimo ventennio, più che un arresto, un brusco regresso, proprio quando pareva che alla fine della prima guerra mondiale esso avesse conquistato il mondo?»

    P. CALAMANDREI, Costruire la democrazia. Premesse alla Costituente, Firenze, ottobre 1945

     

     

     

    4.  AMBITO            TECNICO - SCIENTIFICO

     

    ARGOMENTO: «Sensate esperienze» e «dimostrazioni certe»: la nascita della scienza moderna.

     

     

    DOCUMENTI

     

    «La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto.»

    G. GALILEI, Il Saggiatore, 1623

     

     

    «Siamo in uno dei grandi momenti dello spirito umano. Galileo scopre le immense possibilità offerte dalla modellizzazione matematica della realtà fisica, traducendo la sua meraviglia in queste frasi rimaste celebri [quelle riportate nel brano precedente]. Il fatto che la natura si esprima in linguaggio matematico, o, per utilizzare termini meno immaginosi, che concetti matematici collegati tramite equazioni e calcoli possano permettere di riprodurre e di prevedere il comportamento di oggetti fisici nel mondo reale resta ancor oggi, quattro secoli dopo Galileo, una fonte inesauribile di stupore…»

    I. EKELAND, Il migliore dei mondi possibili. Matematica e destino, Torino, 2001

     

    3

    «I tentativi intesi a decifrare il grande romanzo giallo della natura sono altrettanto antichi quanto il pensiero umano. Tuttavia sono trascorsi appena più di trecento anni dacché gli scienziati cominciarono a comprendere il linguaggio in cui quel romanzo è scritto. Da allora in poi, dall’epoca cioè di Galileo e di Newton, la sua lettura ha proceduto speditamente. Mezzi e metodi d’indagine, volti a scoprire e a seguire nuovi indizi, vennero sempre più accresciuti e perfezionati. Fu così possibile risolvere alcuni degli enigmi della natura; tuttavia in non pochi casi le soluzioni proposte inizialmente sono apparse effimere e superficiali, alla luce di ulteriori indagini.»

    A. EINSTEIN e L. INFELD, L’evoluzione della fisica, 1938

     

     

    «Il progresso della civiltà non presenta una spinta uniforme verso le cose migliori…Le epoche nuove emergono relativamente improvvise, se consideriamo i millenni che la storia percorre…Il sedicesimo secolo della nostra era ha visto la scissione della cristianità dell’Occidente e l’avvento della scienza moderna…La Riforma fu un’insurrezione popolare e, per un secolo e mezzo, immerse l’Europa nel sangue. L’inizio del movimento scientifico non interessò invece che una minoranza dell’aristocrazia intellettuale…La tesi che intendo sviluppare è che il calmo sviluppo della scienza ha virtualmente dato un nuovo stile alla nostra mentalità, così che modi di pensare eccezionali in altri tempi sono ora diffusi in tutto il mondo civile. Ma il nuovo stile ha dovuto progredire lentamente per vari secoli tra i popoli europei prima di sbocciare nel rapido sviluppo della scienza, che quindi, con le sue sempre più esplicite applicazioni, lo ha ulteriormente consolidato…Questa nuova sfumatura dello spirito moderno sta appunto nell’interesse appassionato e risoluto nel ricercare le relazioni tra i princìpi generali e i fatti irriducibili e ostinati. Nel mondo intero e in tutte le epoche sono esistiti uomini di mentalità pratica, occupati nell’osservazione di tali fatti; nel mondo intero e in tutte le epoche vi sono stati uomini di temperamento filosofico intenti a tessere la trama dei princìpi generali.
    È proprio dall’unione dell’interesse appassionato per i particolari materiali con una non minor passione per le generalizzazioni astratte che scaturisce la novità caratteristica della nostra attuale società…Questo equilibrio dello spirito è ormai diventato una tradizione che caratterizza il pensiero colto. È il sale, il sapore della vita…L’altra caratteristica che distingue la scienza…è la sua universalità. La scienza moderna è nata in Europa, ma il suo ambiente naturale è il mondo intero.»

    A. N. WHITEHEAD, La scienza e il mondo moderno, 1926


    «…fare della fisica nel nostro senso del termine…vuol dire applicare al reale le nozioni rigide, esatte e precise della
    matematica e, in primo luogo, della geometria. Impresa paradossale, se mai ve ne furono, poiché la realtà, quella della vita quotidiana in mezzo alla quale viviamo e stiamo, non è matematica…Ne risulta che volere applicare la matematica allo studio della natura è commettere un errore e un controsenso. Nella natura non ci sono cerchi, ellissi, linee rette. È ridicolo voler misurare con esattezza le dimensioni di un essere naturale: il cavallo è senza dubbio più grande del cane e più piccolo dell’elefante, ma né il cane, né il cavallo, né l’elefante hanno dimensioni strettamente e rigidamente determinate: c’è dovunque un margine di imprecisione, di “giuoco”, di “più o meno”, di “pressappoco”…Ora è attraverso lo strumento di misura che l’idea dell’esattezza prende possesso di questo mondo e che il mondo della precisione arriva a sostituirsi al mondo del “pressappoco”.»

    A. KOYRÉ, Dal mondo del pressappoco all’universo della precisione, Torino, 1967

     

    «L’interrogazione della natura ha preso le forme più disparate…La scienza moderna è basata sulla scoperta di una forma nuova e specifica di comunicazione con la natura, vale a dire, sulla convinzione che la natura risponde veramente all’interrogazione sperimentale…In effetti, la sperimentazione non vuol dire solo fedele osservazione dei fatti così come accadono e nemmeno semplice ricerca di connessioni empiriche tra i fenomeni, ma presuppone un’interazione sistematica tra concetti teorici e osservazione…Arriviamo così a ciò che costituisce secondo noi la singolarità della scienza moderna: l’incontro fra tecnica e teoria…Il dialogo sperimentale con la natura, che la scienza moderna ha scoperto, non suppone un’osservazione passiva, ma una pratica. Si tratta di manipolare, di «fare una sceneggiatura» della realtà fisica, per conferirle un’approssimazione ottimale nei confronti di una descrizione teorica…La relazione fra esperienza e teoria viene dunque dal fatto che l’esperimento sottomette i processi naturali a un interrogatorio che acquista significato solo se riferito a un’ipotesi concernente i principî ai quali tali processi sono assoggettati.»

    I. PRIGOGINE e I. STENGERS, La nuova alleanza, metamorfosi della scienza, Torino, 1981

     

    «Che la scienza sia una lenta costruzione non mai finita alla quale ciascuno, nei limiti delle sue forze e delle sue capacità, può portare il suo contributo;…che la ricerca scientifica abbia come fine non il vantaggio di una singola persona o razza o gruppo, ma quello dell’intero genere umano; che in ogni caso lo sviluppo o la crescita della ricerca stessa sia qualcosa di più importante delle persone singole che la pongono in atto: queste, oggi diventate verità di senso comune, sono alcune fra le componenti essenziali di una considerazione della scienza che ha precise origini storiche. Essa è assente nelle grandi concezioni religiose dell’Oriente, nell’antichità classica, nella Scolastica medievale. Viene alla luce in Europa, come il più tipico prodotto della civiltà occidentale moderna, fra la metà del Cinquecento e la metà del Seicento.»

    P. ROSSI, I filosofi e le macchine (1400-1700), Milano, 1976

     

     

     

    TIPOLOGIA C  -      TEMA DI ARGOMENTO STORICO

     

    La fine del colonialismo moderno e l’avvento del neocolonialismo tra le cause del fenomeno dell’immigrazione nei Paesi europei.

    Illustra le conseguenze della colonizzazione nel cosiddetto Terzo Mondo, soffermandoti sulle ragioni degli imponenti flussi di immigrati nell’odierna Europa e sui nuovi scenari che si aprono nei rapporti tra i popoli.

     

     

    TIPOLOGIA D  -      TEMA DI ORDINE GENERALE

     

    «L’industrializzazione ha distrutto il villaggio, e l’uomo, che viveva in comunità, è diventato folla solitaria nelle megalopoli. La televisione ha ricostruito il «villaggio globale», ma non c’è il dialogo corale al quale tutti partecipavano nel borgo attorno al castello o alla pieve. Ed è cosa molto diversa guardare i fatti del mondo passivamente, o partecipare ai fatti della comunità.»

    G. TAMBURRANO, Il cittadino e il potere, in “In nome del Padre”, Bari, 1983

    Discuti l’affermazione citata, precisando se, a tuo avviso, in essa possa ravvisarsi un senso di “nostalgia” per il passato o l’esigenza, diffusa nella società contemporanea, di intessere un dialogo meno formale con la comunità circostante.

     

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    Durata massima della prova: 6 ore.

    È consentito soltanto l’uso del dizionario italiano.

    Non è consentito lasciare l’Istituto prima che siano trascorse 3 ore dalla dettatura del tema.