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Comunicati Stampa - 24 novembre 2005
Al via dal 2006 la nuova laurea magistrale in Giurisprudenza

Il Ministro Moratti: "Professionisti più preparati per le professioni legali e per le imprese, la pubblica amministrazione e il sociale"
Partiranno dall'anno accademico 2006 2007 i nuovi percorsi a ciclo unico della laurea magistrale in giurisprudenza. Il decreto ministeriale che ridefinisce il percorso preordinato a professioni di grande importanza sociale, quali quelle di Avvocato Magistrato e Notaio è il primo emanato in attuazione del regolamento n. 270 del 2004, di riordino degli ordinamenti didattici.
"L'obiettivo di questo decreto" ha spiegato il Ministro Letizia Moratti, "è di riqualificare l'offerta formativa e potenziare il raccordo con il mondo del lavoro e delle professioni. Avremo così professionisti più preparati sia per le professioni legali che per la pubblica amministrazione e il mondo produttivo, bancario, assicurativo e del sociale."
"Il provvedimento", ha aggiunto il Ministro " supera le criticità rilevate nei percorsi strutturati sul modello 3 + 2, che consistevano nello scollamento tra le esigenze espresse dalle categorie produttive e professionali e l'offerta formativa degli Atenei, nella frammentazione dei moduli formativi, nell'accorpamento di troppi settori in un unico ambito disciplinare e nella debolezza o mancanza di materie fondamentali per le professioni legali oltre che di materie oggi necessarie in ogni ambito giuridico, quali il diritto comunitario e il diritto internazionale. Il nuovo percorso, in sintesi, assicura competenze più solide, più moderne, più europee. Particolarmente significativi sono il potenziamento delle procedure civile e penale, delle materie economico - finanziarie, dei diritti civile, penale, commerciale, amministrativo, tributario e comunitario, l'introduzione di materie quali l'informatica giuridica, l'ordinamento giudiziario, la deontologia professionale, l'argomentazione giuridica, la logica forense e la sociologia giuridica e la padronanza di almeno una lingua straniera per gli aspetti legati all'area giuridica."
"Questa è stata la strada", ha concluso Letizia Moratti, "che abbiamo deciso di percorrere per soddisfare le esigenze evidenziate dagli studenti e dalla Conferenza dei presidi delle facoltà di Giurisprudenza, all'inizio del mandato governativo".
La proposta di revisione delle classi di laurea di Giurisprudenza è stata elaborata da una commissione tecnica presieduta dal Sottosegretario di Stato Sen. Maria Grazia Siliquini e composta dai rappresentanti della Conferenza dei presidi di facoltà, delle Scuole di specializzazione per le professioni legali, del Consiglio nazionale forense, dell'Organismo unitario dell'avvocatura, dell'Associazione italiana giovani avvocati, dell'Unione camere penali, del Consiglio nazionale del notariato, del Ministero della giustizia e dell'avvocatura Generale dello stato.

Che cosa cambia per gli studi in Giurisprudenza

Al posto del percorso seriale del "3+2", è stata introdotta una netta separazione tra il percorso che conduce alla laurea triennale (1+2) e il percorso che conduce alla laurea magistrale (1+4).
Tale differenziazione avviene dopo un primo anno (pari a 60 crediti) dove si frequenteranno attività didattiche comuni, anche per consentire allo studente di scegliere consapevolmente il proprio percorso formativo per completare gli studi. D'altronde l'assenza di un adeguato orientamento è una delle principali cause del numero rilevante di abbandoni al primo anno, circa il 27% degli immatricolati.
Lo studente, quindi, dopo il primo anno comune, avrà davanti due percorsi alternativi:
  1. concludere il proprio percorso di studi in altri due anni con una laurea triennale (1+2), che consentirà l'accesso alle carriere direttive dell'impiego pubblico e privato e a professioni e attività quali il consulente del lavoro e il giurista d'impresa. La bozza del nuovo percorso triennale (1+2), senza laurea magistrale ( + 2) a seguire, è stata predisposta nel più ampio processo di revisione delle classi di laurea ed è attualmente all'attenzione del Consiglio universitario nazionale.
  2. continuare gli studi scegliendo un percorso di 4 anni, che conduce al conseguimento della nuova laurea magistrale (1+4).
In quest'ultimo caso, lo studente svolgerà complessivamente un ciclo di studi quinquennale, come già avviene per i corsi di studio regolati da normative dell'Unione europea, che condurrà ad ottenere una preparazione più qualificata rispetto all'attuale. Per chi vorrà venire ad esercitare la professione in Italia, inoltre, qualora abbia un titolo di studio di rango inferiore alla nostra laurea magistrale, saranno richieste le eventuali integrazioni formative.
E' stato inoltre confermato il sistema delle "passerelle", che permette la possibilità di passaggio dall'"1+4" all'"1+2", e viceversa, grazie al riconoscimento dei crediti formativi acquisiti e tenendo conto di eventuali "debiti formativi". Si è pertanto ritenuto inutile progettare un percorso biennale successivo alla laurea triennale (1+2) in servizi giuridici, posto che la laurea magistrale in questione soddisfa tutte le esigenze per le quali è richiesto un percorso giuridico altamente professionalizzante.

Come è stata riformata la nuova classe delle lauree magistrali in Giurisprudenza

Per elaborare la nuova classe delle lauree magistrali in Giurisprudenza con percorso unitario quadriennale, successivo al primo anno di base, la Commissione è partita da una rivisitazione della vigente classe delle lauree specialistiche, strutturata secondo le previsioni del "3 + 2" (D.M. 509/1999).
Questa classe presentava delle evidenti criticità, tra le quali si segnala:
  1. la mancanza di un chiaro riferimento, negli obiettivi formativi, all'acquisizione delle competenze per le professioni legali.
  2. una eccessiva frammentazione dei moduli formativi che ha portato alla conseguente aumento del numero degli esami, spesso non idonei per la formazione legale.
  3. un accorpamento di troppi settori in un unico ambito disciplinare, nella struttura della vecchia classe di laurea specialistica, che comportava il rischio che uno studente si laureasse senza aver affrontato materie oggi fondamentali come il Diritto dell'Unione europea ed il Diritto internazionale.
In particolare, visti gli obiettivi generali della riforma, si è deciso che, in futuro, il corso di laurea magistrale in Giurisprudenza sia attivato solo dalle facoltà di Giurisprudenza (consentendo, comunque, il permanere dei corsi attualmente avviati dalle facoltà di Economia della Bocconi e dell'Università del Sannio).
Grazie all'essenziale collaborazione dei rappresentanti dell'accademia e delle professioni legali, è stato dunque ipotizzato un nuovo percorso universitario:

  »  più europeo
  »  più adeguato alla formazione dei professionisti
  »  qualitativamente migliore
  »  equilibrato
  »  solido nella cultura di base
  »  e moderno.

Tale percorso assicura un impianto innovativo più coerente con le esigenze espresse dal sistema professionale. Per raggiungere ciò, la Commissione ha ridefinito gli obiettivi formativi allo scopo di orientare gli Atenei verso una scelta di insegnamenti caratterizzanti le esigenze dei professionisti.
E' stato, quindi, previsto il potenziamento:

  »  delle procedure civili e penali
  »  dei diritti
  »  delle materie economico-finanziarie
  »  dell'informatica giuridica

ma soprattutto della dimensione europea della formazione che sarà sviluppata in tutti gli insegnamenti. In particolare, in coerenza con la loro crescente rilevanza quantitativa e qualitativa per l'attività professionale del giurista, è stato dato maggior risalto ai settori dei diritti penale, amministrativo, commerciale, tributario e comunitario.
Saranno, infine, introdotti alcuni nuovi insegnamenti "caratterizzanti" e "professionalizzanti", richiesti dalle categorie professionali, quali:

  »  l'ordinamento giudiziario
  »  la deontologia professionale
  »  l'argomentazione giuridica e la logica forense
  »  la sociologia giuridica
  »  la conoscenza di almeno una lingua straniera per gli aspetti legati all'area giuridica.

Resta, chiaramente, all'autonomia universitaria la definizione di specifici indirizzi, la scelta delle attività affini ed integrative, la competenza sulla prova finale, lasciata alla valutazione discrezionale degli Atenei.
In ogni caso, è necessario evidenziare che, per le caratteristiche di flessibilità del sistema universitario e in base ai nuovi obiettivi formativi qualificanti previsti nella classe delle lauree magistrali in Giurisprudenza, i nuovi corsi di studio quinquennali formeranno laureati che, come riportano gli obiettivi formativi, "oltre ad indirizzarsi alle professioni legali ed alla magistratura, potranno svolgere attività ed essere impiegati, in riferimento a funzioni caratterizzate da elevata responsabilità, nei vari campi di attività sociale, socio-economica e politica ovvero nelle istituzioni, nelle pubbliche amministrazioni, nelle imprese private, nei sindacati, nel settore del diritto dell'informatica, nel settore del diritto comparato, internazionale e comunitario (giurista europeo), oltre che nelle organizzazione internazionali in cui le capacità di analisi, di valutazione e di decisione del giurista si rivelano feconde anche al di fuori delle conoscenze contenutistiche settoriali".

Autonomia e crediti

Le professioni legali di avvocato, magistrato e notaio sono costituzionalmente garantite ed hanno una forte valenza sociale. Per la formazione dei giovani, la Commissione ha scelto di rafforzare i vincoli ministeriali e, di conseguenza, costruire un percorso organico che garantirà maggiore omogeneità formativa sul territorio nazionale. Tutto ciò nel pieno rispetto delle specifiche richieste di autonomia, provenienti da taluni settori della Giurisprudenza.
In questo senso, si è ritenuto di avvalersi del disposto del comma 2 dell'art. 10 del D.M. 270/2004, secondo cui per i corsi preordinati all'accesso alle attività professionali, il numero minimo di crediti determinati tramite decreto ministeriale può superare la soglia del 50% di quelli necessari per la laurea.
Il Decreto, portando ad una definizione dei crediti vincolati di poco superiore ai due terzi del totale, lascia ampio spazio all'autonomia delle singole sedi e consente, in particolare, l'elaborazione da parte di esse di specifici curricula corrispondenti alle tradizioni culturali delle singole facoltà ed alle eventuali esigenze del territorio.