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P000 - ESAMI DI STATO
CONCLUSIVI DEI CORSI DI STUDIO DI
ISTRUZIONE
SECONDARIA SUPERIORE
PROVA DI ITALIANO
(per tutti gli indirizzi: di ordinamento e
sperimentali)
Svolgi la prova, scegliendo una delle quattro
tipologie qui proposte.
TIPOLOGIA A - ANALISI DEL TESTO
Dante
Alighieri, Paradiso, canto XI,
versi 43-63 e 73-87: nel cielo del Sole Dante incontra san Tommaso d’Aquino,
che gli narra la vita di san Francesco e ne esalta l’opera.
43
|
«Intra
Tupino e l’acqua che discende
|
Intra
Tupino …Nocera con Gualdo: ampia descrizione del territorio, tra i fiumi
Topino e Chiascio, il monte Subasio (scelto come luogo di eremitaggio dal
beato Ubaldo), Perugia, Nocera e Gualdo, al centro del quale sorge Assisi,
città natale di san Francesco
|
44
|
del
colle eletto dal beato Ubaldo
|
45
|
fertile
costa d’alto monte pende,
|
46
|
onde Perugia sente freddo e caldo
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47
|
da
Porta Sole; e di rietro le piange
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48
|
per
grave giogo Nocera con Gualdo.
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49
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Di questa costa, là dov’ella frange
|
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50
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più
sua rattezza, nacque al mondo un sole,
|
un
sole, / come fa questo talvolta di Gange: nacque un essere umano
pieno di luce e calore, come talvolta ci appare il vero sole appena sorto in
Oriente (dalle parti del fiume Gange)
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51
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come
fa questo talvolta di Gange.
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52
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Però chi d’esso loco fa parole,
|
Però: perciò
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53
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non
dica Ascesi, ché direbbe corto,
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Ascesi: forma
locale antica del nome di Assisi
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54
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ma
Orïente, se proprio dir vuole.
|
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55
|
Non era ancor molto lontan da l’orto,
|
l’orto: la nascita (dal
latino ortus)
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56
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ch’el
cominciò a far sentir la terra
|
la terra: al mondo
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57
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de
la sua gran virtute ogni conforto;
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58
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ché per tal donna, giovinetto, in guerra
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per tal donna…a cui,…la porta
del piacer nessun diserra: venne
in lite con suo padre a causa di una donna alla quale, come alla morte,
nessuno apre volentieri la porta
|
59
|
del
padre corse, a cui, come a la morte,
|
60
|
la
porta del piacer nessun diserra;
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61
|
e
dinanzi a la sua spirital corte
|
spirital corte et coram patre: davanti alla corte ecclesiastica (il vescovo e
il clero) e in presenza del padre
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62
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et
coram patre le si fece unito;
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63
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poscia
di dì in dì l’amò più forte.
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73
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Ma perch’io non proceda troppo chiuso
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74
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Francesco
e Povertà per questi amanti
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75
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Prendi
oramai nel mio parlar diffuso.
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76
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La lor concordia e i lor lieti sembianti,
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77
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amore
e maraviglia e dolce sguardo
|
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78
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facìeno
esser cagion di pensier santi;
|
facìeno esser cagion di
pensier santi: facevano nascere santi pensieri in altre persone
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79
|
tanto che ’l venerabile Bernardo
|
venerabile Bernardo: Bernardo
d’Assisi, primo seguace di san Francesco, e quindi primo a vestire come lui,
che, imitando gli Apostoli, camminava scalzo
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80
|
si
scalzò prima, e dietro a tanta pace
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81
|
corse
e, correndo, li parve esser tardo.
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82
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Oh ignota ricchezza! Oh ben ferace!
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83
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Scalzasi
Egidio, scalzasi Silvestro
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Egidio … Silvestro: anche
loro di Assisi e tra i primi seguaci del santo
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84
|
dietro
a lo sposo, sì la sposa piace.
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85
|
Indi sen va quel padre e quel maestro
|
Indi sen va: allude
agli incontri con i pontefici per ottenerne l’approvazione, e alle future
predicazioni di Francesco e dei seguaci in Italia e fuori
|
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86
|
con
la sua donna e con quella famiglia
|
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87
|
che
già legava l’umile capestro»
|
che già legava l’umile
capestro: già si cingeva con il rozzo cordone sulla tonaca, tipico
dell’Ordine francescano
|
Nel
quarto cielo, quello del Sole, Dante, guidato sempre da Beatrice, ha incontrato
una corona di dodici «fulgori», che sono le anime di altrettanti celebri
sostenitori della fede religiosa. Uno di questi, san Tommaso d’Aquino, gli
descrive in particolare le figure di san Francesco di Assisi, fondatore
dell’Ordine dei Francescani, e san Domenico di Guzman, fondatore dell’Ordine
dei Domenicani: l’uno e l’altro Ordine di fondamentale importanza nella storia
della Chiesa a partire dal secolo XIII. La figura del primo viene presentata,
nel discorso di san Tommaso, attraverso una distesa descrizione realistica dei
suoi luoghi di origine e una precisa ricostruzione della sua vicenda
biografica: giovanetto e figlio di un mercante, rifiutò l’agiatezza della
famiglia e pubblicamente, davanti al vescovo della sua città, si spogliò di
tutti i beni e dei vestiti per fare voto di povertà e in questo modo subito
attrasse a sé altri giovani. Era nato così l’Ordine dei frati francescani,
riconosciuto poi dall’autorità papale.
1.
Comprensione del testo
Individua nei versi riportati le tre parti della
ricostruzione dell’evento: l’ambiente geografico, la scena iniziale della
dedizione di Francesco alla vita religiosa, l’effetto di trascinamento sugli
altri. Fai una parafrasi distinta delle tre parti, in non più di 20 righe
complessive.
2.
Analisi del testo
2.1. Anche senza dare una precisa
spiegazione della descrizione topografica dei versi 43-51, rileva nell’insieme
e commenta, per il suo effetto di plasticità e di realismo paesaggistico, la
frequenza dei nomi di luogo e dei termini geografici e climatici.
2.2. Per Perugia si nomina, al v. 47,
la Porta Sole, così detta perché rivolta a Levante, da dove entrava in città
sia il freddo (proveniente dalle vicine montagne nevose d’inverno), sia il
caldo (al sorgere del sole). Il sole richiama il vero Oriente geografico
(specificato mediante il nome del grande fiume indiano, il Gange) e diventa
anche simbolo per indicare la figura del santo, che «nacque al mondo» proprio
come un sole. Commenta questo passaggio da una scena di ambiente naturale
all’immissione di elementi simbolici.
2.3. Interpreta letteralmente
l’espressione dei versi 49-50 «questa costa, là dov’ella frange / più sua rattezza»,
con la quale si indica la posizione topografica di Assisi.
2.4. Dante usa la forma locale antica
del nome di Assisi, cioè «Ascesi». In questo modo, può ricavare dal nome un
significato allegorico, derivato da un verbo e da un sostantivo che si adattano
chiaramente ai valori della vita del santo: quale verbo e quale sostantivo?
2.5. Nei versi da 58 fino alla fine la
scelta della povertà come ideale di vita viene illustrata ripetutamente con una
terminologia particolare: individuala e commentala.
2.6. L’ardore ascetico genera anche
foga e concitazione di movimenti. In quali versi e con quali termini Dante
descrive questo effetto, generato nei seguaci dall’esempio di Francesco? Bada
anche al ritmo di alcuni versi e alla presenza di esclamazioni.
3.
Interpretazione complessiva
e approfondimenti
Nella
ricostruzione della vicenda di san Francesco, Dante ha condensato un ampio
capitolo di storia religiosa del nostro Medioevo. Né va dimenticato che il
poeta ha messo questa ricostruzione in parallelo a quella dell’opera di san
Domenico, altro campione di quella storia, e che tutto l’episodio è affidato
alle parole di san Tommaso, massimo teologo dell’epoca. Attraverso queste
veloci scene ideate dalla sua fantasia, Dante evoca importanti questioni di
assetto che andava assumendo al suo tempo la struttura della Chiesa, bisognosa
di organismi controllati da regole. Richiamandoti anche, se lo ritieni, ad
illustrazioni figurative del santo, che ricordi, esprimi le tue considerazioni
sull’importanza degli ordini religiosi, francescano e domenicano, nella storia
della Chiesa e nella diffusione del messaggio evangelico nel mondo.
TIPOLOGIA B - REDAZIONE DI UN
“SAGGIO BREVE” O DI UN “ARTICOLO DI GIORNALE”
(puoi scegliere uno degli argomenti relativi
ai quattro ambiti proposti)
CONSEGNE
Sviluppa l’argomento scelto o in
forma di “saggio breve” o di “articolo di giornale”, utilizzando i documenti e
i dati che lo corredano.
Se scegli la forma del “saggio
breve”, interpreta e confronta i documenti e i dati forniti e su questa base
svolgi, argomentandola, la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti
alle tue conoscenze ed esperienze di studio.
Da’ al saggio un titolo coerente con
la tua trattazione e ipotizzane una destinazione editoriale (rivista
specialistica, fascicolo scolastico di ricerca e documentazione, rassegna di
argomento culturale, altro).
Se lo ritieni,
organizza la trattazione suddividendola in paragrafi cui potrai dare
eventualmente uno specificotitolo.
Se scegli la forma dell’ “articolo di
giornale”, individua nei documenti e nei dati forniti uno o più elementi che ti
sembrano rilevanti e costruisci su di essi il tuo ‘pezzo’.
Da’ all’articolo un titolo
appropriato ed indica il tipo di giornale sul quale ne ipotizzi la
pubblicazione (quotidiano, rivista divulgativa, giornale scolastico, altro).
Per
attualizzare l’argomento, puoi riferirti a circostanze immaginarie o reali
(mostre, anniversari, convegni o eventi di rilievo).
Per entrambe le forme di scrittura non superare le
quattro o cinque colonne di metà di foglio protocollo.
1. AMBITO ARTISTICO - LETTERARIO
ARGOMENTO: I luoghi dell’anima nella tradizione
artistico-letteraria.
DOCUMENTI
Chiare, fresche e dolci
acque,
|
date
udïenza insieme
|
ove le belle membra
|
a
le dolenti mie parole estreme.
|
pose colei che sola a me
par donna;
|
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
|
gentil ramo ove piacque
|
La
morte fia men cruda
|
(con sospir mi rimembra)
|
se
questa spene porto
|
a lei di fare al bel fianco
colonna;
|
a
quel dubbioso passo:
|
erba e fior che la gonna
|
ché
lo spirito lasso
|
leggiadra ricoverse
|
non
poria mai in piú riposato porto
|
co l’angelico seno;
|
né
in piú tranquilla fossa
|
aere sacro, sereno,
|
fuggir
la carne travagliata e l’ossa.
|
ove Amor co’ begli occhi il
cor m’aperse:
|
F.
PETRARCA, Il Canzoniere, CXXVI, 1345
|
Frate Lorenzo:
Tu sei esiliato di qui, da Verona; pazienza, il mondo è grande e vasto.
Romeo: Non
esiste mondo fuori delle mura di Verona: non c’è che purgatorio, supplizio,
l’inferno stesso.
Essere
esiliato di qui, vuol dire essere esiliato dal mondo e l’esilio dal mondo è la
morte: l'esilio è dunque una morte sotto falso nome.
W.
SHAKESPEARE, Giulietta e Romeo, atto III, scena III
Te
beata, gridai, per le felici
|
désti
a quel dolce di Calliope labbro
|
aure
pregne di vita, e pe' lavacri
|
che
Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
|
che
da' suoi gioghi a te versa Apennino!
|
d'un
velo candidissimo adornando,
|
Lieta
dell'aer tuo veste la Luna
|
rendea
nel grembo a Venere Celeste;
|
di
luce limpidissima i tuoi colli
|
ma
piú beata che in un tempio accolte
|
per
vendemmia festanti, e le convalli
|
serbi
l'itale glorie, uniche forse
|
popolate
di case e d'oliveti
|
da
che le mal vietate Alpi e l'alterna
|
mille
di fiori al ciel mandano incensi:
|
onnipotenza
delle umane sorti
|
e
tu prima, Firenze, udivi il carme
|
armi
e sostanze t' invadeano ed are
|
che
allegrò l'ira al Ghibellin fuggiasco,
|
e
patria e, tranne la memoria, tutto.
|
e tu i cari parenti e l'idïoma
|
U.
FOSCOLO, I Sepolcri, 1806
|
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
|
odo
stormir tra queste piante, io quello
|
e
questa siepe, che da tanta parte
|
infinito
silenzio a questa voce
|
dell'ultimo
orizzonte il guardo esclude.
|
vo
comparando: e mi sovvien l'eterno,
|
Ma
sedendo e mirando, interminati
|
e
le morte stagioni, e la presente
|
spazi
di là da quella, e sovrumani
|
e
viva, e il suon di lei. Così tra questa
|
silenzi,
e profondissima quïete
|
immensità
s'annega il pensier mio:
|
io
nel pensier mi fingo, ove per poco
|
e
il naufragar m'è dolce in questo mare.
|
il
cor non si spaura. E come il vento
|
G. LEOPARDI,
L’Infinito, dai «Canti», 1819
|
«Addio, monti sorgenti
dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi,
e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de' suoi più
familiari; torrenti, de' quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci
domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore
pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne
allontana!...Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto,
s’imparò a distinguere dal rumore de’ passi comuni il rumore d’un passo
aspettato con un misterioso timore…Addio, chiesa, dove l’animo tornò tante
volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov’era promesso, preparato un
rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e
l’amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio!»
A. MANZONI, I promessi sposi, VIII, 1840
Sempre un villaggio, sempre una campagna
|
Là nelle stoppie dove singhiozzando
|
mi ride al cuore (o piange), Severino:
|
va la tacchina con l'altrui covata,
|
il paese ove, andando, ci accompagna
|
presso gli stagni lustreggianti, quando
|
l'azzurra vision di San Marino:
|
lenta vi guazza l'anatra iridata,
|
|
|
sempre mi torna al cuore il mio paese
|
oh! fossi io teco; e perderci nel verde,
|
cui regnarono Guidi e Malatesta,
|
e di tra gli olmi, nido alle ghiandaie,
|
cui tenne pure il Passator cortese,
|
gettarci l'urlo che lungi
si perde
|
re della strada, re della foresta.
|
dentro il meridiano ozio
dell'aie;
……………………………………
G. PASCOLI,
Myricae, 1882
|
«…si udiva il mare che russava lì vicino, in fondo
alla straduccia, e ogni tanto sbuffava, come uno che si volti e rivolti pel
letto…. Le stelle ammiccavano più forte, quasi s'accendessero, e i Tre Re
scintillavano sui fariglioni colle braccia in croce, come Sant'Andrea.
Il mare russava in fondo alla stradicciuola, adagio adagio, e a lunghi
intervalli si udiva il rumore di qualche carro che passava nel buio,
sobbalzando sui sassi, e andava pel mondo il quale è tanto grande che se uno
potesse camminare e camminare sempre, giorno e notte, non arriverebbe mai, e
c'era pure della gente che andava pel mondo a quell'ora, e non sapeva nulla di
compar Alfio, né della Provvidenza che era in mare, né della festa dei
Morti; così pensava Mena sul ballatoio aspettando il nonno.»
G.
VERGA, da I Malavoglia, 1881
Quella, che tu
credevi un piccolo punto
della terra,
fu tutto.
|
Giovinetti
amici, più belli d’Alessandro e d’Eurialo, |
per sempre belli, difendono il sonno del mio ragazzo. |
E
non sarà mai rubato quest’unico tesoro |
L’insegna paurosa non varcherà mai la soglia |
ai
tuoi gelosi occhi dormienti. |
di quella isoletta celeste. |
Il
tuo primo amore non sarà mai violato. |
|
|
E tu non saprai la legge |
Virginea s’è rinchiusa nella notte |
ch’io, come tanti, imparo, |
come una zingarella nel suo scialle nero. |
- e a me ha spezzato il cuore: |
Stella sospesa nel cielo boreale |
fuori del limbo non v’è
eliso. |
eterna: non la tocca nessuna insidia. |
E. MORANTE, L’Isola
di Arturo, Dedica, 1957 |
«Faceva un caldo che non era scirocco e non era arsura,
ma era soltanto caldo. Era come una mano di colore data sul venticello, sui
muri gialletti della borgata, sui prati, sui carretti, sugli autobus coi
grappoli agli sportelli. Una mano di colore ch’era tutta l’allegria e la
miseria delle notti d’estate del presente e del passato. L’aria era tirata e
ronzante come la pelle di un tamburo…Tutto un gran accerchiamento intorno a
Roma,…ma pure dentro Roma, nel centro della città, magari sotto il Cupolone: sì
proprio sotto il Cupolone, che bastava mettere il naso fuori dal colonnato di
Piazza San Pietro, verso Porta Cavalleggeri, e èccheli llì, a gridare, a
prender d’aceto, a sfottere, in bande e in ghenghe intorno ai cinemetti, alle
pizzerie, sparpagliati poco più in là, in via del Gelsomino, in via della Cava,
sugli spiazzi di terra battuta delimitata dai mucchi di rifiuti dove i
ragazzini di giorno giocano a palla.»
P.
P. PASOLINI, Ragazzi di vita, 1955
Dove sono Elmer, Herman, Bert, Tom e Charley, |
|
uno morì in prigione, |
l'abulico, l'atletico, il buffone, l'ubriacone, il rissoso? |
|
uno cadde da un ponte lavorando per i suoi cari - |
Tutti, tutti, dormono sulla collina. |
|
tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina. |
Uno trapassò in una febbre, |
|
|
Uno fu arso nella miniera, |
|
|
Uno fu ucciso in rissa, |
|
E. L. MASTERS, La collina, dall’«Antologia di Spoon River», trad. F. Pivano, 1943 |
Marc CHAGALL, Il violinista sul tetto, 1912
Vitebsk, che compare sullo sfondo, è il villaggio
natale di Chagall, il “luogo dell’anima” a cui il pittore fa riferimento in tutta
la sua esperienza di vita, anche nel fortunatissimo periodo parigino.
Il violinista sul tetto suggerisce la condizione
dell’Ebreo nel mondo, instabile come quella di un musicista che cerca di
suonare il suo strumento restando in equilibrio in cima ad una casa.
2. AMBITO SOCIO -
ECONOMICO
ARGOMENTO: Alle basi della convivenza civile e
dell’esercizio del potere: giustizia, diritto, legalità.
DOCUMENTI
«…l’uomo solo, tra gli animali, ha la parola:…la
parola è fatta per esprimere ciò che è giovevole e ciò che è nocivo e, di
conseguenza, il giusto e l’ingiusto: questo è, infatti, proprio dell’uomo
rispetto agli altri animali, di avere, egli solo, la percezione del bene e del
male, del giusto e dell’ingiusto e degli altri valori: il possesso comune di questi
costituisce la famiglia e lo stato…quand’è perfetto, l’uomo è la migliore delle
creature, così pure, quando si stacca dalla legge e dalla giustizia, è la
peggiore di tutte…Ora la giustizia è elemento dello stato; infatti il diritto è
il principio ordinatore della comunità statale e la giustizia è determinazione
di ciò che è giusto.»
ARISTOTELE,
Politica, I, Cap.1,2
«Osservate che la parola diritto non è
contraddittoria alla parola forza, ma la prima è piuttosto una
modificazione della seconda, cioè la modificazione più utile al maggior numero.
E per giustizia io non intendo altro che il vincolo necessario per tenere uniti
gl’interessi particolari, che senz’esso si scioglierebbono nell’antico stato
d’insociabilità; tutte le pene che oltrepassano la necessità di conservare
questo vincolo sono ingiuste di lor natura. Bisogna guardarsi di non attaccare
a questa parola giustizia l’idea di qualche cosa di reale, come di una
forza fisica, o di un essere esistente; ella è una semplice maniera di
concepire degli uomini, maniera che influisce infinitamente sulla felicità di
ciascuno; nemmeno intendo quell’altra sorta di giustizia che è emanata da Dio e
che ha i suoi immediati rapporti colle pene e ricompense della vita avvenire.»
C.
BECCARIA, Dei delitti e delle pene, Cap. II, 1764
«Chi richiede una definizione della
giustizia cerca di solito un concetto normativo, ossia un criterio che sia
utile a distinguere il giusto dall’ingiusto. Per definire un tale concetto è
possibile innanzi tutto riallacciarsi alle opinioni correnti. Questo modo di
procedere…si trova però dinanzi a una difficoltà: le opinioni su ciò che è
giusto o ingiusto divergono ampiamente…limitandosi ai giudizi di giustizia ben
ponderati, si osserva che sul piano dei fondamenti, sul piano dei principi
della giustizia, si danno palesi divergenze di opinione. “A ognuno secondo le
sue prestazioni”, afferma il liberalismo economico; “a ognuno secondo i suoi
diritti legali”, si dice nello stato di diritto; “a ognuno secondo i suoi
meriti”, si dice in molte aristocrazie; e il socialismo esige che si dia “a
ognuno secondo i suoi bisogni”.»
O.
HÖFFE, Giustizia politica, Bologna, 1995
«La domanda che ora dobbiamo porci è: ci
sono principi chiari in base ai quali possiamo stabilire una distribuzione
idealmente giusta dei diritti e dei privilegi, degli oneri e dei dolori, da
assegnare agli esseri umani in quanto tali? C’è una posizione ampiamente
diffusa secondo cui per rendere giusta una società si devono concedere certi diritti
naturali a tutti i membri della comunità, e il diritto positivo deve come
minimo incorporare e proteggere questi diritti, indipendentemente da quali
altre regole esso possa poi contenere. Ma è difficile individuare nel senso
comune il consenso sull’elenco preciso di questi diritti naturali, e ancor meno
chiari sono quei principi da cui è possibile dedurli in modo sistematico.»
H. SIDGWICK, I Metodi dell’etica, Milano, 1995
«La giustizia è la prima virtù delle
istituzioni sociali, così come la verità lo è dei sistemi di pensiero. Una teoria,
per quanto semplice ed elegante, deve essere abbandonata o modificata se non è
vera. Allo stesso modo, leggi e istituzioni, non importa quanto efficienti e
ben congegnate, devono essere riformate o abolite se sono ingiuste. Ogni
persona possiede un’inviolabilità fondata sulla giustizia su cui neppure il
benessere della società nel suo complesso può prevalere. Per questa ragione la
giustizia nega che la perdita della libertà per qualcuno possa essere
giustificata da maggiori benefici goduti da altri…Di conseguenza, in una
società giusta sono date per scontate eguali libertà di cittadinanza; i diritti
garantiti dalla giustizia non possono essere oggetto né della contrattazione
politica, né del calcolo degli interessi sociali…un’ingiustizia è tollerabile solo
quando è necessaria per evitarne una ancora maggiore. Poiché la verità e la
giustizia sono le virtù principali delle attività umane, esse non possono
essere soggette a compromessi.»
J. RAWLS, Una teoria della giustizia, Milano, 1982
«Che l’idea di giustizia non si esaurisca
nel fatto storico o positivo, ci è dimostrato dal suo perpetuo rinascere nella
coscienza come esigenza assoluta…Senza cotesta vocazione e attività inesausta
della coscienza, neppure si spiegherebbe la vita storica del diritto; poiché
appunto da quella attitudine originaria ed insopprimibile dipende il plasmarsi
e riplasmarsi continuo dei rapporti sociali e delle regole che li dominano…Chi
viola leggermente le leggi scuote le basi stesse della vita civile, e vulnera
le condizioni dalle quali dipende la rispettabilità della sua persona. Ma il
culto della giustizia non consiste solo nell’osservanza della legalità, né
vuole esser confuso con essa. Non coll’adagiarci supinamente nell’ordine
stabilito, né coll’attendere inerti che la giustizia cada dall’alto, noi
rispondiamo veramente alla vocazione della nostra coscienza giuridica. Questa
vocazione c’impone una partecipazione attiva e indefessa all’eterno dramma, che
ha per teatro la storia, e per tema il contrasto tra il bene e il male, tra il
diritto e il torto. Noi non dobbiamo solo obbedire alle leggi, ma anche
vivificarle e cooperare al loro rinnovamento…Chi dice giustizia, dice
subordinazione ad una gerarchia di valori; e nulla è più contrario a un tale
principio che l’arbitraria rimozione dei limiti che separano il lecito
dall’illecito, il merito dal demerito…Solo la giustizia risplende, guida
sicura, sul vario tumulto delle passioni…Senza di essa, né la vita sarebbe
possibile, né, se anche fosse, meriterebbe di essere vissuta.»
G. DEL VECCHIO, La Giustizia, Roma, 1959
«B...In una qualsiasi società, e dunque anche in una
società democratica, la funzione fondamentale del diritto è quella di stabilire
le regole dell’uso della forza. Le regole dell’uso della forza vuol dire: chi
deve esercitare l’uso della forza (non chiunque, ma solo coloro che sono
autorizzati ad esercitarla); come (con un giudizio regolato); quando
(non in un qualsiasi momento, ma quando sono state completate le procedure
definite dalla legge); quanto (non puoi punire un furtarello nello
stesso modo in cui punisci un omicidio). In uno Stato di diritto una delle
grandi funzioni delle leggi è quella di stabilire come deve essere usato il
monopolio della forza legittima che lo Stato detiene.»
N.
BOBBIO e M. VIROLI, Dialogo intorno alla Repubblica, Roma – Bari, 2001
3. AMBITO STORICO -
POLITICO
ARGOMENTO: La nascita della
Costituzione repubblicana: il laborioso cammino dalla dittatura ad una
partecipazione politica compiuta nell’Italia democratica.
DOCUMENTI
«Il fascismo aveva condotto il paese alla catastrofe,
come gli antifascisti avevano previsto. Ma la resistenza, contrariamente alle
loro speranze, non fu una palingenesi. Non occorsero molti mesi...per
accorgersi che il fascismo, nonostante la guerra sanguinosa che aveva
scatenato, era stato una lunga parentesi, chiusa la quale la storia sarebbe
cominciata più o meno al punto in cui la parentesi era stata aperta…La
Resistenza non fu una rivoluzione e tanto meno la tanto attesa rivoluzione
italiana: rappresentò puramente e semplicemente la fine violenta del fascismo e
servì a costruire più rapidamente il ponte tra l’età postfascista e l’età
prefascista, a ristabilire la continuità tra l’Italia di ieri e quella di
domani.»
N.
BOBBIO, Profilo ideologico del Novecento, Milano, 1993
«…Lo Statuto albertino fu fatto in un
mese, dal 3 febbraio al 4 marzo 1848…fu una carta elargita da un sovrano il
quale sapeva fino a che punto voleva arrivare; i suoi collaboratori, coloro che
furono incaricati da lui di redigere quello Statuto, sapevano perfettamente
quello che il sovrano voleva: non avevano da far altro che tradurre in articoli
di legge le istruzioni già dosate da quell’unica volontà di cui lo Statuto
doveva essere espressione… invece qui, in questa assemblea, non c’è una sola volontà,
ma centinaia di libere volontà, raggruppate in diecine di tendenze, le quali
non sono d’accordo su quello che debba essere in molti punti il contenuto di
questa nostra carta costituzionale; sicché essere riusciti, nonostante questo,
a mettere insieme, dopo otto mesi di lavoro assiduo e diligente, questo
progetto, è già una grande prova, molto superiore a quella che fu data dai
collaboratori di Carlo Alberto, in quel mese di lavoro semplice e
tranquillo...È molto semplice, quando è avvenuto un rinnovamento fondamentale,
una rivoluzione, insomma, di carattere sociale, in cui le nuove istituzioni
sociali vivono già nella realtà, in cui la nuova classe dirigente è già al suo
posto, prendere atto di questa realtà e tradurre in formule giuridiche questa realtà…
Noi invece ci troviamo qui non ad un epilogo, ma ad un inizio. La nostra
rivoluzione ha fatto una sola tappa, che è quella della repubblica; ma il resto
è tutto da fare, è tutto nell’avvenire.»
P. CALAMANDREI, Discorso all’ Assemblea Costituente del
4 marzo 1947
«Nel corso del dibattito per la elaborazione della
costituzione fu assai discusso il problema del rapporto che sarebbe dovuto
intercorrere tra la nuova carta costituzionale e la società italiana:… da varie
parti venne sottolineato come le nuove costituzioni tendano a codificare gli
effetti di profondi sconvolgimenti sociali, generalmente conseguenti a
rivoluzioni e come questo non fosse il caso dell’Italia postbellica. In tali
condizioni, la costituzione non poteva non avere un carattere composito ed
eterogeneo ed anche, per taluni aspetti, necessariamente programmatico… la più
importante novità dell’Italia repubblicana rispetto a tutta la precedente
storia unitaria consist(e) proprio nell’accordo su di un metodo di lotta
politica e su alcuni principî generali, riassumibili nell’antifascismo, tra i
partiti, e in modo particolare tra i partiti di massa. Ed è all’interno di
questo quadro che dovranno essere viste non solo le trasformazioni strutturali
veramente imponenti della società italiana nel secondo dopoguerra, ma anche la
crescita civile realizzata attraverso la partecipazione dei cittadini, in
quanto lavoratori, alla formazione della volontà generale.»
E.
RAGIONIERI, La storia politica e sociale, in “Storia d’Italia”, Einaudi,
Vol. IV***, Torino, 1972
«Nell’Italia del dopoguerra non vi erano
le premesse reali di una democrazia fondata sulle autonomie e su un diffuso
autogoverno; le intuizioni acute e generose in questo senso di ristrette élites
intellettuali e politiche non potevano certo riempire il vuoto di una
evoluzione secolare di segno opposto. Le ricerche fatte sull’area culturale
liberal-democratica sono molto esplicite nel riconoscere il carattere élitario
e perfino accademico di quegli apporti, per giunta profondamente divisi fra tradizioni
diverse;…Oggi avvertiamo che la società politica è più ampia e più ricca della
società partitica: avvertiamo che le grandi manifestazioni che riempiono le
piazze, in cui si realizza ancora il magico rapporto di immedesimazione delle
grandi masse con i capi carismatici – i capi e non più il capo, per fortuna –
non esauriscono la domanda di partecipazione politica di cui il paese è capace…
La partecipazione delle classi lavoratrici alla vita dello Stato, che è
condizione essenziale della democrazia, non si esprime meccanicamente e
stabilmente nei governi di unità popolare:… può benissimo esprimersi nelle
forme dell’alternanza classica al potere di partiti che rappresentino forze
sociali e tradizioni diverse. Ma le condizioni di questa alternanza in Italia
non c’erano prima del fascismo e non sono state create nel breve periodo della
collaborazione dei partiti antifascisti:…Non si può dunque considerare l’esito
della fase costituente, per quanto riguarda gli equilibri politici, come la
realizzazione di un modello.»
P. SCOPPOLA, Gli anni della Costituente, fra politica e
storia, Bologna, 1980
«Se seguiamo il cammino percorso dai
diritti di libertà, dalle prime «dichiarazioni» americane e francesi, fino alle
formulazioni legislative ch’essi hanno avuto nelle più recenti costituzioni
europee, assistiamo a un processo graduale di arricchimento e di specificazione
di queste libertà: la tendenza della personalità umana ad espandersi nella vita
politica, che inizialmente sembrava soddisfatta da poche libertà essenziali,
sente il bisogno di conquistare sempre nuove libertà o di precisare sempre
meglio quelle già ottenute, via via che le forze sociali oppongono in nuove
direzioni nuovi ostacoli alla sua espansione. L’elenco dei diritti di libertà è
pertanto un elenco aperto… Il cammino dei diritti di libertà si
identifica col cammino della civiltà. Come è potuto dunque avvenire che questo
movimento secolare di arricchimento spirituale della persona umana, e insieme
di partecipazione sempre più attiva del cittadino alla vita sociale, abbia
subìto nell’ultimo ventennio, più che un arresto, un brusco regresso, proprio
quando pareva che alla fine della prima guerra mondiale esso avesse conquistato
il mondo?»
P.
CALAMANDREI, Costruire la democrazia. Premesse alla Costituente,
Firenze, ottobre 1945
4. AMBITO TECNICO -
SCIENTIFICO
ARGOMENTO: «Sensate esperienze» e «dimostrazioni
certe»: la nascita della scienza moderna.
DOCUMENTI
«La filosofia è scritta in questo grandissimo libro
che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma
non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscer i
caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i
caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali
mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi
vanamente per un oscuro labirinto.»
G.
GALILEI, Il Saggiatore, 1623
«Siamo in uno dei grandi momenti dello
spirito umano. Galileo scopre le immense possibilità offerte dalla
modellizzazione matematica della realtà fisica, traducendo la sua meraviglia in
queste frasi rimaste celebri [quelle riportate nel brano precedente]. Il
fatto che la natura si esprima in linguaggio matematico, o, per utilizzare
termini meno immaginosi, che concetti matematici collegati tramite equazioni e
calcoli possano permettere di riprodurre e di prevedere il comportamento di
oggetti fisici nel mondo reale resta ancor oggi, quattro secoli dopo Galileo,
una fonte inesauribile di stupore…»
I. EKELAND, Il migliore dei mondi possibili. Matematica
e destino, Torino, 2001
3
«I tentativi intesi a decifrare il grande
romanzo giallo della natura sono altrettanto antichi quanto il pensiero umano.
Tuttavia sono trascorsi appena più di trecento anni dacché gli scienziati
cominciarono a comprendere il linguaggio in cui quel romanzo è scritto. Da
allora in poi, dall’epoca cioè di Galileo e di Newton, la sua lettura ha
proceduto speditamente. Mezzi e metodi d’indagine, volti a scoprire e a seguire
nuovi indizi, vennero sempre più accresciuti e perfezionati. Fu così possibile
risolvere alcuni degli enigmi della natura; tuttavia in non pochi casi le
soluzioni proposte inizialmente sono apparse effimere e superficiali, alla luce
di ulteriori indagini.»
A. EINSTEIN e L. INFELD, L’evoluzione della fisica,
1938
«Il progresso della civiltà non presenta
una spinta uniforme verso le cose migliori…Le epoche nuove emergono relativamente
improvvise, se consideriamo i millenni che la storia percorre…Il sedicesimo
secolo della nostra era ha visto la scissione della cristianità dell’Occidente
e l’avvento della scienza moderna…La Riforma fu un’insurrezione popolare e, per
un secolo e mezzo, immerse l’Europa nel sangue. L’inizio del movimento
scientifico non interessò invece che una minoranza dell’aristocrazia
intellettuale…La tesi che intendo sviluppare è che il calmo sviluppo della
scienza ha virtualmente dato un nuovo stile alla nostra mentalità, così che
modi di pensare eccezionali in altri tempi sono ora diffusi in tutto il mondo
civile. Ma il nuovo stile ha dovuto progredire lentamente per vari secoli tra i
popoli europei prima di sbocciare nel rapido sviluppo della scienza, che
quindi, con le sue sempre più esplicite applicazioni, lo ha ulteriormente
consolidato…Questa nuova sfumatura dello spirito moderno sta appunto
nell’interesse appassionato e risoluto nel ricercare le relazioni tra i
princìpi generali e i fatti irriducibili e ostinati. Nel mondo intero e in
tutte le epoche sono esistiti uomini di mentalità pratica, occupati
nell’osservazione di tali fatti; nel mondo intero e in tutte le epoche vi sono
stati uomini di temperamento filosofico intenti a tessere la trama dei princìpi
generali.
È proprio dall’unione dell’interesse appassionato per i particolari materiali con
una non minor passione per le generalizzazioni astratte che scaturisce la
novità caratteristica della nostra attuale società…Questo equilibrio dello
spirito è ormai diventato una tradizione che caratterizza il pensiero colto. È
il sale, il sapore della vita…L’altra caratteristica che distingue la scienza…è
la sua universalità. La scienza moderna è nata in Europa, ma il suo ambiente
naturale è il mondo intero.»
A. N. WHITEHEAD, La scienza e il mondo moderno,
1926
«…fare della fisica nel nostro
senso del termine…vuol dire applicare al reale le nozioni rigide, esatte e
precise della
matematica e, in primo luogo, della geometria. Impresa paradossale, se mai ve
ne furono, poiché la realtà, quella della vita quotidiana in mezzo alla quale
viviamo e stiamo, non è matematica…Ne risulta che volere applicare la
matematica allo studio della natura è commettere un errore e un controsenso.
Nella natura non ci sono cerchi, ellissi, linee rette. È ridicolo voler misurare
con esattezza le dimensioni di un essere naturale: il cavallo è senza dubbio
più grande del cane e più piccolo dell’elefante, ma né il cane, né il cavallo,
né l’elefante hanno dimensioni strettamente e rigidamente determinate: c’è dovunque
un margine di imprecisione, di “giuoco”, di “più o meno”, di “pressappoco”…Ora
è attraverso lo strumento di misura che l’idea dell’esattezza prende possesso
di questo mondo e che il mondo della precisione arriva a sostituirsi al mondo
del “pressappoco”.»
A. KOYRÉ, Dal mondo del pressappoco all’universo della
precisione, Torino, 1967
«L’interrogazione della natura ha preso le
forme più disparate…La scienza moderna è basata sulla scoperta di una forma
nuova e specifica di comunicazione con la natura, vale a dire, sulla
convinzione che la natura risponde veramente all’interrogazione sperimentale…In
effetti, la sperimentazione non vuol dire solo fedele osservazione dei fatti
così come accadono e nemmeno semplice ricerca di connessioni empiriche tra i
fenomeni, ma presuppone un’interazione sistematica tra concetti teorici e osservazione…Arriviamo
così a ciò che costituisce secondo noi la singolarità della scienza moderna:
l’incontro fra tecnica e teoria…Il dialogo sperimentale con la natura, che la
scienza moderna ha scoperto, non suppone un’osservazione passiva, ma una pratica.
Si tratta di manipolare, di «fare una sceneggiatura» della realtà fisica, per
conferirle un’approssimazione ottimale nei confronti di una descrizione teorica…La
relazione fra esperienza e teoria viene dunque dal fatto che l’esperimento
sottomette i processi naturali a un interrogatorio che acquista significato
solo se riferito a un’ipotesi concernente i principî ai quali tali processi
sono assoggettati.»
I. PRIGOGINE e I. STENGERS, La nuova alleanza,
metamorfosi della scienza, Torino, 1981
«Che la scienza sia una lenta costruzione
non mai finita alla quale ciascuno, nei limiti delle sue forze e delle sue
capacità, può portare il suo contributo;…che la ricerca scientifica abbia come
fine non il vantaggio di una singola persona o razza o gruppo, ma quello
dell’intero genere umano; che in ogni caso lo sviluppo o la crescita della
ricerca stessa sia qualcosa di più importante delle persone singole che la
pongono in atto: queste, oggi diventate verità di senso comune, sono
alcune fra le componenti essenziali di una considerazione della scienza che ha
precise origini storiche. Essa è assente nelle grandi concezioni religiose
dell’Oriente, nell’antichità classica, nella Scolastica medievale. Viene alla
luce in Europa, come il più tipico prodotto della civiltà occidentale moderna,
fra la metà del Cinquecento e la metà del Seicento.»
P. ROSSI, I filosofi e le macchine (1400-1700),
Milano, 1976
TIPOLOGIA
C - TEMA DI ARGOMENTO STORICO
La fine del colonialismo moderno e l’avvento del
neocolonialismo tra le cause del fenomeno dell’immigrazione nei Paesi europei.
Illustra le conseguenze della colonizzazione nel
cosiddetto Terzo Mondo, soffermandoti sulle ragioni degli imponenti flussi di
immigrati nell’odierna Europa e sui nuovi scenari che si aprono nei rapporti
tra i popoli.
TIPOLOGIA
D - TEMA DI ORDINE GENERALE
«L’industrializzazione ha
distrutto il villaggio, e l’uomo, che viveva in comunità, è diventato folla
solitaria nelle megalopoli. La televisione ha ricostruito il «villaggio
globale», ma non c’è il dialogo corale al quale tutti partecipavano nel borgo
attorno al castello o alla pieve. Ed è cosa molto diversa guardare i fatti del
mondo passivamente, o partecipare ai fatti della comunità.»
G. TAMBURRANO, Il cittadino e il potere, in “In
nome del Padre”, Bari, 1983
Discuti l’affermazione citata, precisando se, a tuo
avviso, in essa possa ravvisarsi un senso di “nostalgia” per il passato o
l’esigenza, diffusa nella società contemporanea, di intessere un dialogo meno
formale con la comunità circostante.
___________________________
Durata massima della prova: 6
ore.
È consentito soltanto l’uso del
dizionario italiano.
Non è consentito lasciare
l’Istituto prima che siano trascorse 3 ore dalla dettatura del tema.