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Schema di disegno di legge concernente "disposizioni urgenti per l'innalzamento dell'obbligo di istruzione" Relazione Illustrativa I recenti sviluppi del processo di integrazione europea evidenziano sempre di più l’esigenza di avvicinare il nostro sistema scolastico e formativo a quello degli altri paesi europei. Una delle innovazioni indispensabili per realizzare tale avvicinamento è l’innalzamento dell’obbligo di istruzione, in modo da adeguarlo a quello vigente ormai nella generalità dei paesi dell’Unione Europea. La durata dell’obbligo di istruzione è fissata infatti nella maggioranza dei paesi europei in dieci anni quando non in undici o dodici, come in Inghilterra e Scozia, Belgio, Germania, Paesi Bassi e Irlanda del Nord. Si tratta di un obiettivo che è già esplicitato nel programma dell’attuale governo e che si è tradotto in apposite norme contenute nel disegno di legge quadro in materia di riordino dei cicli di istruzione, presentato alla Camera dei Deputati il 4 luglio 1997, che prevede tra l’altro, per l’appunto, l’innalzamento dell’obbligo di istruzione da 8 a 10 anni a decorrere dall’anno scolastico 1999/2000. Tali norme sono state concepite in modo tale da renderne possibile lo stralcio e l’autonoma approvazione in caso di ritardi nell’iter della riforma. E’ ormai trascorso quasi un anno dalla presentazione del provvedimento, ma l’ipotesi dello stralcio non sembra più conveniente in quanto l’intervenuto avvio dell’attuazione dell’autonomia scolastica ha reso disponibili nuovi strumenti e nuove possibilità dalle quali non si può prescindere e che debbono essere opportunamente coordinate con l’operazione di innalzamento dell’obbligo. Nè può essere ignorato il lavoro svolto dalla apposita Commissione insediata dal Ministro della pubblica istruzione, che ha individuato i "saperi" indispensabili per la nostra epoca. Una presa di coscienza dell’urgenza del problema si è resa necessaria anche in connessione con l’adozione della moneta unica europea e con la conseguente necessaria convergenza delle politiche economiche e finanziarie e quindi alle nuove concrete prospettive che si aprono per il mercato del lavoro e per la libera circolazione dei lavoratori europei. Ciò porta alla constatazione che l’innalzamento dell’obbligo di istruzione è un problema la cui soluzione non può essere più rinviata e, anzi, deve essere adottata con immediatezza. Solo così infatti, da un lato, può essere data una concreta risposta alla richiesta, proveniente dal mondo del lavoro in ambito sia nazionale che europeo, di una formazione più completa e adeguata dei giovani e, dall’altro, può essere contrastato in maniera più efficace il fenomeno dell’abbandono degli studi che, per varie ragioni, si registra in maniera sempre più vistosa proprio nei primi due anni della scuola secondaria superiore. Basti pensare che ogni anno circa 30.500 alunni che hanno assolto all’obbligo scolastico non proseguono gli studi. Se a questi si aggiungono i circa 15.000 alunni bocciati nel primo anno delle superiori, che abbandonano gli studi, si arriva ad una cifra di circa 50.000 alunni che ogni anno abbandonano la scuola senza avere acquisito le competenze necessarie per l’inserimento nel mondo del lavoro. Tali dati spiegano perchè l’innalzamento dell’obbligo di istruzione rappresenta un obiettivo unanimemente condiviso, così come emerso nella stessa discussione generale che è intervenuta sul disegno di legge quadro sulla riforma dei cicli dell’istruzione. L’immediato innalzamento dell’obbligo di istruzione non interferisce, peraltro, sui lavori parlamentari in corso in quanto esso non pregiudica nessuna delle soluzioni che in quella sede potranno essere adottate, ma si limita ad estendere ad un’ulteriore fascia di giovani il dovere-diritto di usufruire del servizio di istruzione. L’unica novità consiste nella valorizzazione della funzione dell’orientamento, che peraltro è fortemente sottolineata in tutte le proposte di legge attualmente all’esame. L’attuazione della riforma dei cicli, quando approvata, non potrà non essere facilitata dall’avvenuto innalzamento dell’obbligo. Il cammino che ha portato allo sviluppo e all’estensione dell’obbligo scolastico nel nostro Paese è stato, come è noto, lungo e tormentato. Volendo ricordare le tappe più significative di questo processo non si può fare a meno di partire da quello che è stato l’assetto normativo della materia quale si è venuto a determinare dopo il raggiungimento, nel secolo scorso, dell’unità nazionale. La legge Casati (legge 13 novembre 1859, n. 3623), adottata come legge fondamentale sull’istruzione dopo il raggiungimento dell’unità nazionale - pur ispirata ad una impostazione per così dire "elitaria" dell’istruzione, che considerava la scuola elementare, piuttosto che strumento atto ad accrescere la cultura e la capacità di tutti, mezzo di "preparazione a tutti gli altri gradi di istruzione", cioè come propedeutica alla scuola secondaria che era scuola per pochi, finalizzata alla formazione della classe dirigente - introdusse due importanti innovazioni: l’obbligatorietà di frequenza del primo dei due cicli biennali in cui era allora organizzata la scuola elementare e la gratuità. Sotto la spinta dello sviluppo industriale, che evidenziò la necessità di una più diffusa istruzione di base, nel 1877 la legge Coppino estese l’obbligo di un anno (dall’ottavo al nono anno d’età); nel 1904 la legge Orlando lo prolungò fino al dodicesimo anno d’età; nel 1923 la riforma Gentile lo portò al quattordicesimo. Tuttavia le scarse risorse finanziarie da destinare per l’istituzione di nuove scuole, una domanda d’istruzione piuttosto contenuta e le stesse norme che disciplinavano l’obbligo per i comuni di istituire scuole (l’istituzione delle scuole secondarie di avviamento professionale era per esempio obbligatoria solo per i comuni più popolosi) fecero sì che l’innalzamento dell’obbligo al quattordicesimo anno avesse in sostanza soprattutto l’effetto di rafforzare la frequenza della scuola elementare: se non si erano raggiunti i 14 anni si potevano frequentare altri corsi di livello elementare ed era addirittura previsto che si potesse frequentare per una seconda volta l’ultimo anno delle elementari. E’ con l’articolo 34 della Costituzione repubblicana che sono stati sanciti i nuovi principi dell’obbligo scolastico. Recita l’art. 34: "la scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso". Nella nuova prospettiva l’istruzione è riconosciuta come diritto di tutti ed è compito dello Stato garantire almeno otto anni di scuola, dove l’"almeno" significa la possibilità nel futuro di un’ulteriore estensione dell’obbligo scolastico. Il riferimento, come si vede, è fatto al numero minimo di anni di scuola obbligatoria, riassunti nella definizione "istruzione inferiore", che pone il problema di una loro visione unitaria ovvero articolata e quindi della natura del ciclo successivo alla scuola elementare, per valutare se debba essere costituito da un’offerta differenziata (cioè tipi diversi di scuola) o da un’offerta unica. Il precetto costituzionale di almeno otto anni di scolarità obbligatoria, garantendo a tutta la popolazione il raggiungimento di comuni traguardi culturali scientifici formativi e sociali ha trovato attuazione nella legge 31 dicembre 1962, n. 1859, recante "Istituzione e ordinamento della scuola media statale", i cui fondamenti più significativi sono l’obbligatorietà e la gratuità per i ragazzi tra gli 11 e i 14 anni e l’unicità dell’istruzione media inferiore. Con tale legge sono state infatti unificate in un solo tipo di scuola, la scuola media, le varie opportunità precedentemente esistenti. L’istituzione della scuola media non risolse peraltro subito i problemi della frequenza effettiva della scuola dell’obbligo: si poté presto verificare che permanevano fenomeni di evasione e che la dispersione scolastica era ancora sensibile, anche in relazione alla mancanza, in certe zone, di una presenza capillare di scuole elementari e medie. Cominciò inoltre a farsi strada la convinzione che al dovere (obbligo) di erogare più istruzione dovesse corrispondere il diritto a raggiungere i risultati, ovvero che nella scuola debbano essere approntate tutte le condizioni che favoriscano il successo dello studente. In conseguenza di tali verifiche e riflessioni ulteriori provvedimenti legislativi intervennero per consolidare l’efficacia formativa della scuola dell’obbligo, come la legge 4 agosto 1977 n. 517 che concorse in particolare a rafforzare il carattere continuo della scuola dell’obbligo tendendo a definire modalità di comportamento e valutazioni omogenee tra scuola elementare e scuola media, fino a giungere nel 1990 alla riforma della scuola elementare (L. 5 giugno 1990, n. 148). Già negli anni immediatamente successivi alla riforma della scuola media, si pose il problema di riformare anche la scuola secondaria superiore e, più in particolare, di elevare l’obbligo di istruzione ad almeno dieci anni di scuola, investendo così i primi due anni della scuola secondaria superiore. Tale esigenza veniva ad essere sempre più evidenziata infatti anche per effetto del crescente sviluppo economico e sociale, dell’internazionalizzazione dei mercati, della diffusione dell’informazione e della concorrenza internazionale anche dal punto di vista dei mercati del lavoro che richiedevano livelli sempre più alti di conoscenza e capacità. Il consenso sull’opportunità di tale estensione fu, fin dai primi anni ‘70 molto ampio, costituendo uno dei punti qualificanti dei diversi progetti di legge che, a partire dal 1972, furono via via presentati in Parlamento da tutte le forze politiche e da ultimo del disegno di legge sul riordino dei cicli d’istruzione di cui si è detto in precedenza. Tale punto qualificante vuole, per l’appunto, riconsiderare il presente provvedimento, anche per le specifiche motivazioni di cui si è dato conto all’inizio. Il carattere di urgenza del presente provvedimento si giustifica anche per le caratteristiche dell’ordinamento scolastico, nel quale l’enorme numero di operatori e di utenti e la distribuzione delle scuole su tutto il territorio nazionale impongono tempi di attuazione lunghi e procedure complesse. L’innalzamento dell’obbligo scolastico, in qualunque momento venga deciso, deve tenere conto della seguente tempistica: a) il termine per le iscrizioni all’anno scolastico successivo scade il 31 gennaio; b) le scuole subito dopo inviano i prospetti per la formazione delle classi; c) sulla base dei prospetti di cui al punto b) è fatta la programmazione degli organici per l’anno scolastico successivo (fine marzo): d) sulla base degli stessi prospetti di cui al punto b) gli enti locali procurano le aule necessarie; e) nel mese di aprile iniziano le operazioni di mobilità del personale docente (trasferimenti nell’ambito dei comuni, delle province e interprovinciali); f) appena concluse le operazioni di mobilità iniziano le operazioni di nomina in ruolo e, subito dopo, quelle di conferimento delle supplenze, che terminano, in linea generale, a ridosso dell’inizio dell’anno scolastico. L’innalzamento dell’obbligo scolastico richiede anche i seguenti interventi sui contenuti dell’insegnamento nelle nuove classi dell’obbligo: a) costituzione di commissioni per l’elaborazione dei programmi; b) invio dei programmi al parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione; c) acquisizione del parere del Consiglio di Stato nel caso in cui i nuovi programmi comportino l’introduzione di nuove discipline; d) pubblicazione dei nuovi programmi sulla G.U. e) costituzione di nuove classi di concorso per il reclutamento del personale relativo alle nuove discipline; f) istituzione dei corsi di riconversione professionale per l’insegnamento delle discipline già esistenti e delle nuove discipline, la cui durata non può essere inferiore a tre-quattro mesi. Tutto ciò premesso, perchè l’operazione sia condotta con tutti gli accorgimenti necessari e possa produrre effetti pienamente positivi fin dal primo anno, occorre che tutte le operazioni abbiano inizio almeno con un anno di anticipo. Si potrebbe anche tentare un inizio immediato, a partire dall’anno 1998-99, al fine di recuperare anche gli abbandoni di quest’anno, con un’operazione che si avvarrebbe soltanto degli ordinamenti e degli organici esistenti, con copertura dei posti mediante personale supplente e definizione dei nuovi programmi in corso d’anno. Sul piano sostanziale tale percorso appare più povero di contenuti e soggetto a forti critiche. E’ evidente che, se si vuole partire coll’anno scolastico 1999/2000 senza stravolgere tutta l’organizzazione della scuola, occorre avere subito lo strumento normativo, che garantisca i tempi strettamente necessari. Il provvedimento che si propone consta di due articoli. L’art. 1 detta le disposizioni per l’innalzamento dell’obbligo di istruzione. Esso prevede, al comma 1, che tale obbligo è elevato da otto a dieci anni con ulteriore innalzamento, fino al diciottesimo anno di età, mediante programmazione da definire nell’ambito del provvedimento di riordino dei cicli di istruzione. Il comma 2 precisa che, in attesa di riordino dei cicli, il completamento dell’istruzione obbligatoria sancito nel comma 1 si realizza nei primi due anni dei corsi di studio della scuola secondaria superiore. Il comma 3 prevede iniziative comuni, tra scuole medie e scuole secondarie superiori, nell’esercizio dell’autonomia ad esse riconosciuta ai sensi dell’art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, per l’attivazione di iniziative di orientamento negli ultimi tre anni dell’istruzione obbligatoria. I commi 4 e 5 dettano rispettivamente le disposizioni sulle modalità di assolvimento dell’obbligo d’istruzione e di proscioglimento dall’obbligo stesso e sull’adempimento dell’obbligo da parte degli alunni attualmente frequentanti la scuola elementare o media. Il comma 6 autorizza il Ministro della pubblica istruzione ad avviare le procedure per rendere effettiva la realizzazione dell’innalzamento dell’obbligo. Il comma 7 stabilisce il termine per l’adozione, da parte del Ministro, degli strumenti regolamentari necessari ad avviare il processo. Il comma 8 autorizza le scuole a sperimentare l’autonomia didattica e organizzativa per facilitare la realizzazione degli interventi di cui ai commi precedenti. L’articolo 2 detta le norme finanziarie. Dal punto di vista dell’impatto sulla normativa vigente, il disegno di legge incide sugli articoli da 109 a 113 del testo unico approvato con decreto legislativo 16 aprile 1997, n. 297, apportandovi parziali modifiche, e su tutti i relativi atti applicativi. Dal punto di vista dell’impatto amministrativo delle nuove disposizioni sulla struttura amministrativa anche in termini di capacità attuativa, si rappresenta che l’Amministrazione della pubblica istruzione dispone di strumenti normativi e organizzativi tali da poter fare fronte a qualsiasi emergenza numerica (ad esempio, ci sono graduatorie permanenti dalle quali reclutare il personale necessario in qualunque momento) e di strumenti tecnici tali da poter garantire in periodi di tempo adeguati i necessari mutamenti di programmi e di ordinamenti (corpo degli ispettori tecnici, istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativo, Centro europeo dell’educazione, Biblioteca di documentazione pedagogica).
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