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RESOCONTO DELLE COMUNICAZIONI DEL MINISTRO LUIGI BERLINGUER SULL'ATTUAZIONE DELLA RIFORMA DEI CICLI SCOLASTICI
ALLA 7^ COMMISSIONE ISTRUZIONE DEL SENATO
Il Ministro della Pubblica Istruzione, nel prendere la parola, dichiara che la sua odierna presenza in Commissione istruzione intende onorare l'impegno, preso in Senato prima dell'approvazione della legge sul riordino dei cicli, di acquisire in itinere i contributi e le indicazioni utili per la definizione del piano di attuazione della legge, prima che esso sia formulato, prima che i problemi siano risolti, prima di proporre le soluzioni in via definitiva. Il senso della comunicazione odierna è solo quello di proporre problematicamente i punti controversi, o comunque ancora non sufficientemente elaborati, perché si avvii una discussione libera e creativa, volta a sollecitare gli apporti di tutti, senza preclusioni, al fine di preparare e agevolare le future concrete decisioni.
Ricorda quindi che la riforma organica e unitaria del sistema di istruzione ha come finalità l'innalzamento dei livelli culturali dei cittadini, necessario per lo sviluppo civile, democratico ed economico del Paese, anche al fine di fornire alle giovani generazioni gli strumenti critici per interpretare e vivere il proprio tempo e di garantire che i risultati raggiunti non si disperdano una volta conclusi i percorsi scolastici.
Si tratta di obiettivi, comuni a tutte le nazioni industrializzate, che traggono la loro ragione da fenomeni quali la crescita e la modifica continua dell'insieme delle conoscenze; la mobilità e variabilità che caratterizzano il mondo contemporaneo; lo straordinario sviluppo tecnologico, che segna sempre di più le condizioni della vita nella dimensione individuale e collettiva, e sempre più influirà anche sulla scuola per quanto riguarda le modalità dell'apprendimento; la generalizzazione della frequenza della scuola secondaria superiore.
Passando agli obiettivi della riforma, osserva che questi sono ben definiti nell'articolo 1 della legge, che da un lato valorizza l'attenzione nei confronti delle singole persone e dall'altro garantisce a ciascuno pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali, adeguati all'inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro anche con riguardo alle specificità territoriali.
Occorre peraltro che l'attuazione della riforma, pur nell'attenzione a quanto avviene in altri Paesi, non prescinda dal patrimonio storico e culturale italiano e dalla stessa peculiare tradizione della scuola italiana, che si fonda sulla riconosciuta funzione delle discipline, che sono state e restano i decisivi tramiti per un apprendimento critico e seriamente strutturato. Le discipline costituiscono infatti la via maestra per l'acquisizione di quei robusti strumenti culturali, di quelle conoscenze consolidate e di quelle stabili competenze, che sono indispensabili per comprendere e interpretare la realtà, per esercitare a pieno titolo i diritti di cittadinanza e per inserirsi in modo qualificato in un mondo del lavoro in rapida evoluzione.
L'attuazione della legge sul riordino dei cicli, in quanto impegno che sottolinea il valore generale della riforma della scuola rispetto ai grandi processi di cambiamento che interessano e coinvolgono l'intera società, esige il coinvolgimento più ampio possibile di tutti e in primo luogo del Parlamento, ma anche delle organizzazioni rappresentative del mondo della scuola, di docenti, studenti, genitori, le associazioni professionali di docenti, quelle che raccolgono i cultori delle diverse discipline, il mondo dell'alta cultura, i sindacati.
Al tempo stesso, la definizione del sistema formativo del paese non potrà prescindere dall'orizzonte economico e produttivo, il che richiama la necessità di ascoltare la voce e di sollecitare l'apporto di tutte le parti sociali.
Non si può però dimenticare che il successo di una riforma di tale portata resta comunque affidato alla partecipazione attiva del mondo della scuola e dei soggetti interessati agli esiti formativi del sistema di istruzione. In primo luogo, gli insegnanti e i dirigenti scolastici.
Il piano pluriennale di cui all'articolo 6 della legge dovrà pertanto trovare fondamento anche nel ricco e articolato patrimonio di esperienze che le scuole hanno già maturato sia attraverso l'attività ordinaria, sia attraverso le varie forme di sperimentazione.
Intende, nella presente occasione, segnalare soltanto un primo gruppo di questioni sulle quali sollecitare, a partire da oggi, il confronto più ampio.
La prima questione attiene ai tempi di attuazione della legge, che dovranno essere compatibili con i tempi indispensabili per la predisposizione della normativa secondaria e per un'adeguata preparazione del personale ai nuovi compiti, che ne valorizzi le specifiche professionalità. L'attuazione dovrà inoltre avere carattere processuale, in modo da consentire anche l'introduzione in itinere delle modifiche che l'esperienza concreta potrà suggerire.
Il primo interrogativo al quale dare risposta è se l'avvio dei nuovi ordinamenti possa essere previsto a partire dall'anno scolastico 2001/2002.
Se si assume come riferimento iniziale questa data, si possono peraltro formulare diverse ipotesi temporali per i successivi sviluppi, tenendo conto degli snodi che hanno caratterizzato l'ordinamento degli studi fino ad oggi.
Le ipotesi estreme sono quelle rappresentate dall'idea di attivare la riforma in 3 anni o in 12 anni. Sembra al Governo, tuttavia, che esse siano da scartare, salvo diverso avviso del Parlamento. Sembrano infatti più ragionevoli due ipotesi intermedie: attuazione in 5 anni o in 7 anni.
Nella prima ipotesi (5 anni) potrebbero essere coinvolti contemporaneamente nel primo ciclo sia il I che il III anno della scuola di base e nel secondo ciclo il I anno della scuola secondaria. In questo caso il percorso scolastico di 12 anni riguarderebbe i bambini nati dal 1993 in avanti, mentre per le leve scolastiche precedenti la durata complessiva del corso di studi rimarrebbe di 13 anni.
Nella seconda ipotesi (7 anni) si tratterrebbe di dare inizio al nuovo corso con piena gradualità, partendo col primo anno della scuola di base e col primo anno del secondo ciclo, ovviamente non prima del 1° settembre 2001.
Si sofferma quindi a illustrare i nodi del curricolo, precisando che con tale termine si intende sia il percorso di studio di una disciplina (ad esempio il curricolo di matematica), sia il piano formativo di un ciclo o di un indirizzo (ad esempio il curricolo della scuola di base) sia infine il curricolo obbligatorio delle istituzioni scolastiche definito a norma dell'articolo 8 del Regolamento dell'autonomia.
Il primo nodo da sciogliere riguarda il rapporto della scuola dell'infanzia, dotata di autonomia e unitarietà didattica e pedagogica, con la scuola di base, il che probabilmente richiede una riflessione sulla necessità di adeguare gli attuali "Orientamenti" del 1991 e un approfondimento sulle modalità di realizzazione dell'obiettivo di generalizzare e qualificare ulteriormente l'offerta formativa sull'intero territorio.
Per quanto attiene alla scuola di base, ricorda che la legge di riordino dà alcune esplicite indicazioni che non possono essere messe in discussione, in particolare per quanto attiene al necessario raccordo con la scuola dell'infanzia e con la scuola secondaria e per la sua caratterizzazione di percorso educativo unitario e articolato in rapporto alle esigenze di sviluppo degli alunni.
Le due possibili ipotesi di attuare la riforma realizzando una mera sommatoria degli attuali ordinamenti della scuola elementare e della scuola media, complessivamente ridotti di un anno di corso, ovvero proponendo una sorta di unitarietà indistinta, segnata dall'impronta egemonica del modello educativo dell'attuale scuola elementare o della attuale scuola media, sembra non rispondano pienamente alla ratio della legge.
Ritiene invece percorribile la via di concentrare gli sforzi per operare una progressiva articolazione del curricolo della scuola di base in modo da consentire un graduale passaggio dagli ambiti disciplinari alle vere e proprie discipline, in relazione alle diverse età e fasi di sviluppo degli alunni.
L'autonomia scolastica consente infatti, grazie ai nuovi strumenti di flessibilità che l'accompagnano, di realizzare un percorso che prevede attività per ambiti disciplinari e contemporaneamente l'avvio di processi di apprendimento prettamente disciplinari (lingua straniera, musica, attività motoria, informatica) fin dai primi anni del ciclo. Si tratta comunque di uno dei nodi problematici su cui intende attirare l'attenzione del Parlamento, ricordando che nell'autonomia sarà possibile tenere maggiormente conto dei tempi diversi di maturazione e di apprendimento degli allievi, dando vita a pratiche didattiche in grado di ridurre le disuguaglianze e di valorizzare le potenzialità individuali.
Al termine del ciclo, nei suoi ultimi anni, l'apprendimento dovrebbe avere ormai un compiuto carattere disciplinare nell'inevitabile intreccio tra conoscenze e competenze.
Un tale percorso progressivo comporta naturalmente il pieno utilizzo di tutte le professionalità attualmente operanti nella scuola elementare e nella scuola media.
Per quanto riguarda la scuola secondaria, ricorda che l'elemento che la caratterizza, in continuità con il ciclo precedente, è l'offerta di percorsi tendenti a consolidare le competenze di base e, nel contempo, a orientare scelte consapevoli che conducano all'acquisizione di una formazione di più alto livello, necessaria per la crescita personale, per proseguire gli studi nei diversi indirizzi superiori o per l'inserimento nel mondo del lavoro. Il percorso quinquennale si dovrà pertanto sviluppare unitariamente, assumendo sin dal primo anno la caratterizzazione dell'indirizzo proprio. Nel quadro delle aree previste dalla riforma, i diversi licei dovranno avere un'identità chiaramente definita e distinta, anche se la definizione dei percorsi dovrà recepire l'indicazione - sottesa alla legge sul riordino - di attenuare i caratteri di frammentazione eccessivamente specialistica, particolarmente presenti negli attuali indirizzi tecnici e professionali, pur conservando o introducendo per ciascuno un carattere di terminalità.
Per i corsi di studio, si deve pensare a un impianto complessivamente nuovo, strutturato in aree e in indirizzi le cui identità rispecchino tutte (e non più solo alcune) robusti assi del sapere per meglio rispondere all'accresciuta domanda culturale della società contemporanea nelle sue più diverse articolazioni. L'introduzione di un sistema di opzioni tra alcune discipline, anche appartenenti ad altri indirizzi, potrebbe peraltro garantire una sufficiente articolazione dei percorsi individuali.
Ricorda inoltre che la scuola secondaria ha altresì il compito di strutturarsi in modo da favorire il completamento dell'obbligo scolastico, e la realizzazione dell'obbligo formativo, in coerenza con le motivazioni e le scelte degli alunni, ma ritiene comunque doveroso sottolineare che i primi due anni, pur nel loro carattere di terminalità dell'obbligo e pur considerando l'attività di orientamento, si dovranno configurare in ogni caso come parte integrante del complessivo percorso di studio quinquennale di ciascun indirizzo. La loro equivalenza dal punto di vista formativo (equivalenza e non unicità, anzi equivalenza nella differenza) non potrà impedire una loro caratterizzazione coerente con l'area e con l'indirizzo al quale lo studente si iscrive.
In relazione alla sua funzione di terminalità dell'obbligo, la scuola secondaria dovrà collegarsi con la scuola di base per il raggiungimento delle finalità definite dall'articolo 1, comma 3 della legge sull'obbligo di istruzione, con riferimento a quanto previsto dalla stessa legge anche in ordine al passaggio a percorsi formativi diversi da quelli dell'istruzione. Andranno pertanto attuate tutte le azioni utili a potenziare le capacità di scelta dello studente e quelle necessarie a correggere le eventuali scelte sbagliate attraverso il passaggio da un corso di studi all'altro, al fine di perseguire l'obiettivo del successo formativo previsto dalla legge.
Il sistema di istruzione e quello della formazione professionale dovranno concorrere, con le loro specificità, alle diverse esigenze formative. L'obbligo di istruzione fino a 15 anni e quello formativo fino a 18 richiedono di potenziare gli elementi di complementarità e di integrazione tra i due sistemi, da realizzare anche mediante ricorso a crediti certificabili e riconoscibili. Infatti, per tutti i giovani che escono precocemente dal sistema di istruzione è prevista l'inclusione in percorsi formativi (o di apprendistato) fino ai 18 anni.
Si sofferma quindi sui problemi di natura professionale e occupazionale, in particolare del personale docente, che hanno suscitato grandi preoccupazioni e che devono essere affrontati con l'attenzione che meritano.
Osserva preliminarmente che se la riforma fosse attuata in 5 anni (e quindi si avrebbero i primi diplomati del nuovo corso in dieci anni), ove il processo di attuazione iniziasse nell'anno scolastico 2001-2002 non si avrebbero contrazioni delle classi per effetto dei nuovi ordinamenti fino all'anno scolastico 2006-2007. Nell'anno scolastico precedente infatti ci sarebbero ancora alunni che frequentano la terza media. Nell'anno scolastico 2006-2007 arriverebbero alla scuola secondaria, contemporaneamente, leve scolastiche di tredicenni e quattordicenni.
Solo nel 2011 si potrebbero avere i primi studenti che completano il percorso scolastico in 12 anni.
Il quadro dei dati sopra riportati evidenzia che, negli anni considerati, il fabbisogno di personale, pur non registrando nel complesso, variazioni quantitative dovute alle modifiche ordinamentali, si distribuirebbe in maniera diversificata tra i due cicli e in particolare nell'ambito del ciclo secondario, seguendo l'impatto del passaggio dall'uno all'altro ciclo delle due classi di età. Tale quadro offre altresì, grazie alle opportunità derivanti dall'autonomia, spazi più ampi e consente un'utilizzazione più razionale ed efficace del personale fin dalla fase transitoria in relazione alla professionalità di ciascuno nell'ambito dei due cicli.
Tutto il processo, qualsiasi siano i tempi prescelti per la sua attuazione, dovrà comunque essere accompagnato con l'adeguamento del sistema delle classi di concorso, della formazione iniziale, dell'utilizzazione delle risorse professionali, del quadro organico degli insegnamenti, del ruolo dei docenti.
Con la comunicazione odierna intende aprire fin d'ora il confronto sulle concrete modalità con cui vanno perseguiti tali obiettivi a partire dal valore strategico della formazione iniziale, dai meccanismi di reclutamento e mobilità, dalla formazione in servizio, per giungere ai processi di riconversione e riqualificazione professionale.
Ricorda che autonomia e riordino dei cicli presuppongono la generalizzazione dell'organico funzionale di istituto al fine di soddisfare le esigenze delle scuole autonome e quelle di stabilità e qualificazione della prestazione professionale docente.
Nei nuovi cicli scolastici e nella scuola dell'autonomia l'introduzione dell'organico funzionale deve tendere a garantire alla scuola risorse di personale che consentano la gestione della flessibilità del curricolo, ivi compresa la quota riservata alle istituzioni scolastiche e le eventuali compensazioni fra discipline; la gestione dell'autonomia di organizzazione della didattica in funzione delle esigenze degli alunni; la realizzazione dell'ampliamento dell'offerta formativa.
Sottolinea che il riordino dei cicli rappresenta una occasione importante per la definizione di una nuova identità della professione docente. La difficoltà maggiore nasce dalla presenza nello stesso ciclo di personale caratterizzato da diversi rapporti contrattuali: occorrerà valutare l'ipotesi di un graduale superamento di tale situazione, tenendo conto dell'ormai prevista formazione universitaria iniziale per tutti i docenti, attivando tutti i necessari interventi per favorire tale opportunità, nelle forme più diverse, per coloro che lo richiedono.
Una particolare attenzione va riservata per un impiego qualificato del personale docente appartenente alle classi di concorso previste attualmente per gli insegnamenti impartiti nella scuola media. Anche in base al disposto dell'articolo 6 c. 7 della legge, ma particolarmente in relazione alle esigenze di articolazioni della scuola di base e delle conseguenti specificità disciplinari che in essa devono essere garantite, questo personale troverà piena utilizzazione nell'esercizio delle sue attuali funzioni.
Allo stesso andrà altresì assicurata la possibilità di accedere alla scuola secondaria attraverso i passaggi già previsti dall'attuale organizzazione delle classi di concorso, o altre modalità che saranno contrattualmente definite.
Si sofferma quindi sul tema dell'edilizia scolastica, osservando che successivamente alla graduale attuazione delle classi 6^ e 7^ del ciclo primario si potrà procedere ad una definitiva distribuzione dell'offerta formativa sul territorio. Questa operazione dovrà essere affrontata tenendo conto della riunificazione della scuola elementare e media nel ciclo primario e dell'esigenza di garantire una presenza diffusa anche delle scuole del ciclo secondario per evitare che le difficoltà logistiche rendano problematico l'esercizio del diritto allo studio.
A tal proposito avanza alcune ipotesi sulle quali ritiene necessario avviare il confronto col Parlamento e, naturalmente, con le Regioni e con gli enti locali:
1) sistema misto che consenta di articolare la scuola dell'infanzia e la scuola di base su più edifici (situazione attuale)
2) accorpamento in un unico edificio dell'intera scuola di base e, ove possibile, della scuola dell'infanzia; in tale ipotesi va valutata l'opportunità di privilegiare la soluzione che consenta la maggiore vicinanza agli alunni. Va posta altresì attenzione al problema del trasporto scolastico
3) per la scuola secondaria potrebbe essere favorito il fenomeno di scuole con più indirizzi , anche appartenenti ad aree affini.
In ogni caso per la dislocazione delle scuole secondarie vanno considerate le condizioni orografiche del territorio, le comunicazioni, le particolare esigenze culturali-economiche del territorio.
La coesistenza di licei di aree e di indirizzi diversi favorirebbe i passaggi previsti nel 1° e 2° anno della secondaria, ove si completa l'obbligo di istruzione.
La riorganizzazione della rete scolastica dovrà rappresentare un'occasione importante per una ricognizione delle risorse edilizie esistenti, una loro riorganizzazione funzionale al nuovo assetto ordinamentale e alle esigenze connesse ad un pieno dispiegarsi delle potenzialità dell'autonomia e, ove necessario, per gli interventi di recupero, ampliamento e costruzione di nuovi edifici.
In questa operazione sarà necessario ripensare anche la tradizionale articolazione della tipologia dell'edilizia scolastica, prevedendo spazi in cui sia realmente possibile praticare anche la flessibilità e la personalizzazione degli interventi formativi in grado di tener conto sia dei diversi interessi, sia delle specifiche caratteristiche e attitudini dei soggetti in formazione.
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