Intervento del Ministro dell'Istruzione,
dell'Università e della Ricerca
Letizia Moratti
all'inaugurazione Cesi, Centro di scienze dell'invecchiamento
Chieti, 16 aprile 2003
Partecipo oggi con grande soddisfazione all'inaugurazione del Centro di scienze dell'invecchiamento (Ce.S.I.), un centro di ricerca nato da un'intuizione del Rettore Franco Cuccurullo e realizzato grazie all'impegno corale dell'Università "Gabriele d'Annunzio" di Chieti-Pescara.
Il Ce.S.I. costituisce un esempio positivo di come si possano coniugare ricerca di base e ricerca clinica per un fine di grande rilevanza sociale: lo studio dell'invecchiamento e delle patologie che ne derivano. L'invecchiamento della popolazione è un processo comune a tutti i Paesi del globo, ma particolarmente rilevante in quelli occidentali, compresa l'Italia, ove sta assumendo, in alcune aree, un andamento addirittura esponenziale.
Il rapporto tra anziani e giovani nella nostra società è progressivamente mutato, con un aumento degli ultrasessantenni e degli ultraottantenni, fenomeno che colloca il nostro Paese ai primi posti nel mondo per indice di invecchiamento.
L'Italia, con i suoi 79,3 anni, è seconda soltanto al Giappone, (dove la vita media è di circa 80 anni) e i demografi segnalano che, a parità di natalità, mortalità e flussi migratori, entro il 2020 si ridurrà ulteriormente la fascia di popolazione di età compresa tra 0 e 39 anni, mentre gli ultrasessantenni aumenteranno globalmente dell'1,2 per cento e gli ultraottantenni del 3,2 per cento (passando da 2.389.000 a 4.562.000).
Le migliorate condizioni di vita, i formidabili progressi della medicina, la scoperta di nuovi farmaci e terapie hanno contribuito in maniera determinante all'aumento della longevità. Ma proprio questo fenomeno ha favorito l'emergere di nuove patologie, che non si manifestavano o erano assai rare quando la durata media della vita si attestava, ad esempio, attorno ai 50 anni.
Per di più, queste patologie spesso gravano su cittadini non autosufficienti, talvolta in precarie condizioni economiche e che spesso vivono da soli, in particolare le donne anziane, notoriamente più longeve degli uomini.
Si tratta, quindi, di una fascia debole della popolazione, che necessita di notevole supporto sanitario e sociale. Supporto tanto più necessario, qualora si considerino le variazioni strutturali delle famiglie che, costituite da pochi giovani, non potranno continuare ad essere, come sino ad oggi è avvenuto, il più importante punto di riferimento per la cura e l'assistenza all'anziano.
Desta preoccupazione, inoltre, la riduzione della popolazione in età lavorativa, che si tradurrà, inevitabilmente, in una ridotta produzione di beni e servizi, incidendo sulla capacità produttiva dell'azienda Paese.
Queste considerazioni spiegano la grande attenzione del Governo, ed in generale della classe politica ed amministrativa, nei confronti di una problematica dai molteplici e complessi risvolti sociali.
Un obiettivo primario della ricerca biomedica è, senza dubbio, quello di prevenire la comparsa delle malattie tipiche dell'invecchiamento.
Un secondo obiettivo è quello di introdurre metodi terapeutici sempre più efficaci e ben tollerabili dagli anziani, notoriamente più fragili dei giovani. Tali trattamenti devono mirare non soltanto a prolungare la sopravvivenza, ma anche a garantire un'adeguata qualità della vita, ritardando, il più possibile, l'epoca di insorgenza della dipendenza fisica, fonte di gravi oneri assistenziali e di forti scompensi familiari e sociali.
In definitiva, la ricerca biomedica, in ambito gerontologico e geriatrico, dovrebbe assicurare una vecchiaia in buona salute, con il duplice vantaggio di ridurre la spesa sanitaria e sociale e di preservare una forza lavoro indispensabile per la prosperità del Paese.
In altre parole, dovrebbe "aggiungere vita agli anni, oltre che anni alla vita", come recita un fortunato slogan, divenuto ormai popolare.
Interventi come questo si inseriscono in un più ampio impegno del sistema di ricerca italiano e del Ministero in aree strategiche. E' utile qui ricordare anche che le biotecnologie per la sanità e il genoma rientrano tra le priorità identificate dall'Unione Europea e pienamente recepite nelle Linee-Guida per la ricerca scientifica e tecnologica 2003-2006 approvate dal Governo nell'aprile dello scorso anno.
In particolare poi vorrei sottolineare l'impegno finanziario del Miur nell'area delle bioscienze nell'ambito del Firb, Fondo investimenti per la ricerca di base. Nel 2001-2002 infatti abbiamo assegnato alle università e agli enti di ricerca pubblici finanziamenti complessivi per 151 milioni di euro, 28 dei quali per contratti con giovani ricercatori e con ricercatori di chiara fama, che vanno a sostenere 135 progetti di ricerca.
Ecco qualche dettaglio. Nel settore del post-genoma abbiamo finanziato 84 progetti con uno stanziamento di 79 milioni di euro; in quello della nuova ingegneria medica 29 progetti per 48 milioni di euro; nel settore delle neuroscienze (conoscenza dei meccanismi molecolari e cellulari che regolano nel sistema nervoso centrale i processi biologici e psicologici durante lo sviluppo, la maturità e l'invecchiamento; basi molecolari dei meccanismi patogenici delle malattie neurologiche, neurodegenerative e psichiatriche) 22 progetti per quasi dieci milioni di euro.
In questa ottica, l'impegno della ricerca scientifica sui temi dell'invecchiamento è in primo piano e in tale ambito intende operare il Ce.S.I., mettendo a disposizione tutto il suo bagaglio di conoscenze scientifiche e di strutture tecnologiche.
Le patologie di maggiore impatto nell'età senile e sulle quali, dunque, le ricerche del Ce.S.I. dovranno focalizzarsi, sono quelle tipiche e temute dell'invecchiamento: malattie neoplastiche e affezioni a carattere cronico-degenerativo. Tra queste, in particolare, quelle che interessano l'apparato cardiovascolare e il sistema nervoso (la malattia di Alzheimer, ad esempio, che colpisce circa il 7 per cento di tutti gli ultrasessantacinquenni, ed oltre il 30 per cento degli ultraottantenni).
È di tutta evidenza, dunque, l'interesse del Paese per un centro di ricerca, quale è il Ce.S.I., il cui obiettivo strategico è quello di dedicarsi allo studio specifico di patologie di così rilevante impatto sulla salute dell'anziano, con professionalità, risorse tecnologiche e capacità organizzative di primissimo piano.
Non mi addentro nelle caratteristiche tecniche del Ce.S.I., perché non è questo il mio compito.
Tengo, invece, a sottolineare una interessante visione progettuale d'insieme della struttura. La disposizione architettonica e logistica delle varie unità di ricerca, che vede ospitare la ricerca di base nelle parti alte dell'edificio e quella clinica ai piani inferiori, rende l'idea della filosofia di fondo che ha ispirato il professor Cuccurullo e il suo staff: la ricerca clinica sostiene la ricerca di base, i due livelli interagiscono tra loro come è giusto che sia, lo scambio di conoscenze ed esperienze diventa un metodo di lavoro per quanti, medici e ricercatori, sono impegnati a raggiungere obiettivi elevati e condivisi, che non sono a portata di mano, ma che vanno perseguiti con competenza, dedizione, spirito di sacrificio e, soprattutto, partecipazione corale.
L'alto livello di tecnologie disponibili consentirà al Ce.S.I di conseguire risultati di rilievo, che diverranno patrimonio della comunità scientifica internazionale. Perché è chiaro fin da oggi che la struttura di Chieti non è un fatto locale. Essa costituisce di per sé un grande evento per il Paese e si colloca, di diritto e per competenze scientifiche e professionali, nei circuiti internazionali della ricerca. Essa saprà dialogare ed interagire con altri centri di eccellenza nel mondo, dando corpo a quella internazionalizzazione della ricerca, a quella circolarità dei saperi, alle quali spesso ci richiamiamo, quando vogliamo indicare una rotta positiva e sicura da seguire.
La struttura che oggi inauguriamo è stata realizzata con fondi pubblici del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca. Si tratta di 30 milioni di euro, che sono una somma consistente e, tuttavia, proporzionata al progetto del Ce.S.I., che vede la luce oggi ufficialmente, anche se so che ben 140 ricercatori operano già nella struttura e che a regime saranno 270.
Questi pochi dati sono sufficienti, a mio avviso, a far comprendere che il Ce.S.I. saprà centrare il suo obiettivo strategico: promuovere ricerca multidisciplinare sui temi dell'invecchiamento, in collaborazione con gruppi di ricerca nazionali ed internazionali e partner industriali. Un aspetto, quest'ultimo, che va sempre tenuto presente, perché attiene alla capacità delle strutture di eccellenza di attrarre finanziamenti privati su progetti e programmi di ricerca, su filiere specializzate, su sinergie che si andranno a creare progressivamente.
Da parte mia, posso garantire che il Governo e il Miur seguiranno con particolare attenzione l'Università di Chieti e il CeS.I.: non mancherà in futuro il sostegno istituzionale per la piena valorizzazione di questa esperienza. Un'esperienza che produrrà, ne sono sicura, ricerca di qualità e altamente competitiva, una ricerca pronta ad affrontare con serenità il giudizio di merito.
A proposito di questo, sono lieta di comunicare che Linee Guida nazionali per la valutazione della ricerca sono praticamente pronte e le presenteremo quanto prima. Ho affidato questo compito al Civr, Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca, presieduto dal professor Cuccurullo, che ha elaborato un documento già portato al confronto con la comunità scientifica. Esse costituiranno un riferimento certo per quanti operano nel campo della Ricerca, perché sapranno di essere valutati sulla base di criteri oggettivi e non contestabili.
Questa è la sfida che ci siamo imposti e siamo ad un passo dal vederla realizzata.
Questo è sicuramente il percorso da seguire, per aumentare il potenziale competitivo delle strutture di ricerca del Paese e per riaffermare la centralità della ricerca come leva strategica del progresso.
Grazie.