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INTERVENTO DEL MINISTRO LETIZIA MORATTI ALLA PRESENTAZIONE DELLA RICERCA "LA CONDIZIONE DELL'INFANZIA E DELL'ADOLESCENZA IN ITALIA"

Roma, 2 dicembre 2004
Ringrazio vivamente i componenti dei Gruppi di ricerca che hanno svolto l'indagine sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia.

È la prima volta che si realizza un'indagine di secondo livello sistematica e di così vasta portata sulla condizione dei minori e degli adolescenti e i loro vissuti con la società, la scuola, la famiglia, la malattia, l'immigrazione ed i comportamenti a rischio.

Voglio subito fornire alcuni dati che dimostrano l'entità del nostro impegno. Sono stati coinvolti sei enti capofila tra università ed istituti di ricerca nazionali, con la partecipazione di numerose centinaia di esperti.

L'indagine, complessivamente, ha esaminato 4.500 ricerche e ne ha ritenuto rilevanti e significative per gli scopi della ricerca circa 1.200; si tratta di indagini conoscitive realizzate negli ultimi cinque anni, in Italia, in Europa e nel Nord America. Le 1.200 sono state scelte sulla base della loro attendibilità scientifica in relazione ai settori indagati.

Gli esiti di questi lavori sono stati presentati nel Seminario nazionale rivolto ai direttori generali regionali; agli oltre 100 docenti, referenti provinciali impegnati nelle politiche giovanili, nell'educazione alla salute e nell'orientamento scolastico; a 20 studenti, rappresentanti delle Consulte studentesche; a 20 genitori, rappresentanti dei Forum regionali.

Le proposte operative elaborate dagli esperti sono state oggetto di confronto con gli operatori della scuola.

Devo dire subito che sono doppiamente soddisfatta. Anzitutto perché dall'indagine emergono concrete conferme sulla validità del percorso da noi intrapreso con la riforma della scuola. Siamo sulla strada giusta. In secondo luogo perché da questa indagine scaturiscono importanti indicazioni che saranno utilissime nell'applicazione della riforma.

Anzitutto dalla ricerca emerge la conferma di quanto la Legge 53/2003 all'articolo 1 sancisce, ossia la piena legittimazione del binomio educazione-istruzione, sviluppato sia attraverso le discipline sia attraverso le competenze trasversali indirizzate allo sviluppo della convivenza civile e, quindi, al forte valore innovativo degli apprendimenti non formali e informali.

In secondo luogo emerge un quadro complesso che descrive la difficoltà di essere adolescenti nella società contemporanea.

Ma analizziamo insieme i risultati della ricerca.

Personalizzazione, integrazione scolastica, collaborazione: sono questi i tre termini che esprimono le conclusioni a cui sono giunti i sei gruppi di ricerca.

Personalizzazione: lo studente, ogni singolo studente, quale soggetto di interesse e di intervento da parte della scuola, da accompagnare nella sua crescita attraverso un'offerta formativa diversificata, percorsi di partecipazione e di valorizzazione delle risorse positive, spazi e occasioni in cui poter esprimere il proprio disagio, focalizzando l'attenzione più sulle potenzialità che non sulle disabilità.

Integrazione scolastica: da attuare in modo precoce nel caso in cui l'ambiente familiare ha difficoltà ad offrire ai propri figli gli stimoli cognitivi necessari per lo sviluppo delle loro potenzialità, e in modo sussidiario e subordinato nel rispetto della cultura e delle scelte educative della famiglia.

Collaborazione: tra la scuola e la famiglia, attraverso la promozione di incontri di formazione e di aggiornamento allo scopo di accrescere nei genitori e negli insegnanti la consapevolezza dei problemi in gioco e delle possibili soluzioni e di formulare proposte operative; tra la famiglia, la scuola e i servizi sociali per lo sviluppo di programmi di assistenza sociale ed economica che permetta la presa in carico delle situazioni familiari problematiche; tra la famiglia, la scuola e i servizi sanitari e assistenziali nel caso di malattia; tra Istituzioni e scuola al fine di individuare modalità di monitoraggio e intervento sulle situazioni di disagio.

Un impegno che chiama in causa quanti hanno - a diversi livelli - responsabilità sociali ed educative nella consapevolezza che la grandezza di un Paese si misura anche dalla capacità di educare le nuove generazioni a costruire in modo sereno il proprio futuro.

La ricerca di secondo livello è nata dall'esigenza di costruire un quadro di conoscenze sistematico sulle differenti problematiche che caratterizzano la condizione dei minori nella realtà contemporanea nella convinzione che buone politiche socio-educative non possano prescindere da una approfondita conoscenza dei fenomeni e dei soggetti.

In particolare:

  • l'attenzione si è focalizzata sui bambini e gli adolescenti all'interno di relazioni con ambienti, formazioni sociali, persone che hanno responsabilità nei loro confronti e nei confronti delle quali, reciprocamente, i soggetti in crescita devono maturare responsabilità.
  • la necessità di mettere in primo piano le difficoltà, le situazioni problematiche e le patologie per prevenirle e contrastarle non ha inteso in alcun modo ridurre la rappresentazione dell'infanzia e dell'adolescenza a immagini di malessere. Agio e disagio sono compresenti nella realtà della condizione dei minori e vanno letti in relazione, con attenzione a non generare effetti di cristallizzazione e, soprattutto, a non indurre sovrarappresentazioni negative, con esiti controproducenti anche sulle immagini che gli stessi bambini e adolescenti finiscono per interiorizzare.

Questi gli obiettivi della ricerca:

  • monitorare la situazione sul territorio italiano;
  • individuare le situazioni di disagio, i fattori di rischio e, nelle situazioni di benessere, i fattori protettivi e le buone pratiche;
  • raccogliere, valutare ed elaborare voci bibliografiche relative alle situazioni e alle pratiche di prevenzione e di intervento messe in atto in altri Paesi, con particolare attenzione a quelli europei;
  • elaborare proposte operative e renderle oggetto di confronto con tutte le componenti scolastiche.

I lavori delle sei équipes hanno prodotto sei rapporti complessi e articolati, da cui è possibile estrapolare proposte e indicazioni operative. Si tratta di una selezione dei nodi cruciali emersi nel corso delle indagini e, soprattutto, di piste di ricerca e di proposte di azione che i ricercatori considerano centrali per costruire percorsi di benessere per bambini e adolescenti.
È un cammino che, per molti aspetti, abbiamo già avviato.

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Le ricerche sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza nella società sono state condotte dall'Istituto IARD - Franco Brambilla di Milano e coordinate dal dr. Riccardo Grassi.

Secondo l'indagine, occorre:

  • costruire un sistema di "alleanza" tra la famiglia, il sistema dei servizi sociali e il mondo della scuola;
  • favorire il più possibile l'accesso precoce all'istruzione;
  • riconoscere il ruolo fondamentale dei media nel processo di formazione dell'individuo e inserire questa tematica all'interno dei processi di insegnamento, anche attuando forme di sperimentazione e di cooperazione con i media in vista della formazione dei minori, e mediante la promozione di incontri formativi e di aggiornamento che mettano in contatto i mondi della ricerca, della scuola, della famiglia.

    In proposito, ricordo che la Legge 112 del 2004 prevede iniziative per il corretto utilizzo dei media da realizzarsi d'intesa tra il Miur e il Ministero della Comunicazione.

  • La scuola è inoltre invitata a intervenire per colmare il divario nella distribuzione delle risorse comunicative, soprattutto dei nuovi media, tra le diverse fasce socio-culturali, promuovendo l'alfabetizzazione informatica anche tra i minori delle categorie più svantaggiate.

Per questo posso annunciare con soddisfazione che la situazione nella scuola italiana è molto migliorata negli ultimi tre anni. Siamo passati da un rapporto di 1 computer ogni 28 studenti, nel 2001, ad un rapporto di 1 a 10, nel 2004, laddove la media europea è di 1 a 13. Dai 183.623 computer del 2001, siamo ora, nel 2004, a 561.237 computer nelle scuole, che per il 99% sono connesse ad internet.

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Per quanto concerne condizione dell'infanzia e dell'adolescenza nella scuola, la ricerca è stata affidata al Dipartimento di Scienze dell'Educazione e della formazione dell'Università di Torino e coordinata dal Prof. Giorgio Chiosso.

Dall'indagine emerge che uno strumento importante consiste nell'alternanza scuola-lavoro, come valido esempio di istruzione personalizzata, o su misura, in cui lo studente, divenuto partecipe nella costruzione del proprio curricolo, si attiva nel gestire, e non più nel subire, la propria formazione.

Per quanto riguarda l'integrazione, è stata sottolineata l'importanza della collegialità progettuale del team docente, il peso dell'accorto utilizzo della risorsa "compagni di classe" e, progredendo con l'età dei soggetti, l'attenzione all'orientamento e al rapporto scuola-lavoro.

Fondamentali sono le problematiche legate alla formazione del personale docente, iniziale e in servizio.

Ancora poco esplorata appare la risorsa famiglia sulla cui collaborazione la letteratura suggerisce di far leva per assicurare interventi concordi ad ampio spettro.

In relazione ai piani di studio ed alle modalità di approccio con gli studenti, occorre:

  • differenziare la proposta didattica tradizionale basata su ascolto/lettura (per realizzare il "far fare esperienza");
  • trasversalità a tutto il curricolo (per realizzare l'interdisciplinarità);
  • arricchimento rispetto ai contenuti teorici (per realizzare l'integrazione della dimensione socio-emotiva);
  • superamento del distacco tra la vita quotidiana dei ragazzi e quella scolastica (per realizzare la valorizzazione delle competenze specifiche); flessibilità rispetto alla pluralità dei percorsi possibili.

Alcune iniziative più 'tradizionali' quali l'orientamento e il recupero paiono meno innovative, ma non meno utili e non da sottovalutare se non si presta attenzione solo ad un generico e sentimentale 'star bene' a scuola, ma si persegue, com'è doveroso, l'accesso alle conoscenze e agli strumenti delle stesse.

Una maggiore chiarezza delle reciproche competenze riferite alle differenti agenzie educative porterebbe a non caricare sulla scuola ambiti e responsabilità che non le competono e che, paradossalmente, a seguito di un ampliamento esagerato del range delle aspettative (alcune errate, altre superflue, alcune incompatibili tra loro) produce quella disillusione e disaffezione rispetto alle aspirazioni che, tra gli altri fattori, inducono disagio, talora accompagnate anche dalle migliori intenzioni.

Tutte queste indicazioni trovano attuazione nei decreti attuativi della Legge di Riforma che garantisce continuità di sistema alle migliori pratiche già realizzate nella scuola dell'autonomia in modo frammentario.

Quanto al tema dei minori stranieri, la ricerca è stata affidata alla Fondazione ISMU di Milano e coordinata dalla prof.ssa Graziella Giovannini.

Nei paesi che da più tempo conoscono le migrazioni, le ricerche concordano nel sottolineare la centralità dell'effetto scuola: buone pratiche scolastiche, climi scolastici e di classe adeguati, forte leadership, collegialità, formazione e motivazione dei docenti possono dare origine a situazioni di eccellenza multiculturale.
Sarà necessario mantenere l'investimento in risorse professionali, in particolare nelle zone a più alta concentrazione di immigrati e, insieme, stabilire organici collegamenti tra scuole e azioni extra-scolastiche degli enti locali e del terzo settore, sia per il rafforzamento nell'apprendimento della lingua italiana che per il supporto allo studio individuale.
Viene infine segnalato con forza che tutte le ricerche esistenti partono dalla osservazione dei ragazzi che stanno frequentando e pertanto rimane oscura sia la quantità che la qualità dell'evasione scolastica o dell'abbandono.

In proposito, intendo dire che i Paesi di più lunga e consolidata immigrazione vedono tendenzialmente le seconde generazioni più esposte al disagio e in generale ai comportamenti a rischio.
Dopo le indagini quantitative sulla presenza di alunni stranieri, abbiamo avviato - ed è la prima volta - una indagine qualitativa. Il primo rapporto sugli esiti scolastici e il successo formativo degli alunni stranieri uscirà tra 10 giorni; infine anche un focus sugli esiti scolastici degli studenti delle scuole superiori.


La ricerca prosegue affermando che l'uguaglianza di opportunità deve andare oltre il supporto orientativo alla scelta e tradursi in azioni di diritto allo studio anche per i ragazzi stranieri, riducendo per questa via l'influenza delle variabili socio-economiche e culturali sull'accesso e la riuscita in tutti i canali di istruzione di secondo livello.
La scelta di un percorso professionalizzante a breve-medio termine può essere, nelle prime fasi dei percorsi migratori, una risposta realistica alle risorse e ai progetti familiari e, anche, una alternativa credibile ai rischi di abbandono.

Per questo, facciamo riferimento al piano di lavoro nazionale previsto dall'Ufficio del MIUR dedicato per la prima volta all'integrazione degli alunni stranieri, d'intesa con la scuola nella sua dimensione territoriale e il mondo dell'associazionismo che si occupa dell'accoglienza in spirito di sussidiarietà orizzontale e verticale.

Il prof. Silvio Scanagatta - del Dipartimento di Sociologia dell'Università di Padova - ha coordinato i lavori del gruppo di ricerca sulla famiglia.

Si propone: di passare dal pur importante Forum delle associazioni familiari al 'Forum per l'educazione' che può diventare la "casa degli stakeholders" e cioè il luogo sociale in cui i portatori di interessi per l'educazione riescano istituzionalmente a dialogare;
di istituire il portavoce delle famiglie, rappresentato da una figura elettiva, ma con capacità di rappresentanza formale delle famiglie: il Portavoce delle famiglie per l'educazione potrebbe essere titolare non solo della rappresentanza degli stakeholders-genitori, ma anche di un vero e proprio ufficio di gestione degli interessi dello stato;
di istituire un Difensore Civico per l'Educazione, di cui le Regioni si fanno carico e che, a differenza dei colleghi Difensori, rappresenti gli interessi dei ragazzi, ma diventi anche la parte esecutiva del Forum.

Alcune ricerche internazionali giungono a proporre questo. In realtà l'approccio italiano è un approccio di cooperazione.
Per quanto attiene l'istituzione di Difensori civici o portavoci delle famiglie noi pensiamo che occorra prima costruire dei luoghi di cooperazione veri, perché la scuola diventi anche dei genitori, offra cioè spazi di crescita per i genitori nel momento in cui condividono il progetto educativo.
Una piena soggettività della famiglia accanto agli insegnanti e agli studenti sostanzia quel patto educativo che è fondamento indispensabile per condurre l'azione di formazione della persona. La scuola deve dotarsi di strumenti attraverso i quali attrarre e aiutare l'interesse e la formazione delle famiglie, certamente tenendo conto delle difficoltà.
Le proposte appaiono più rivendicative che collaborative; può esserci una rivendicazione dopo che c'è stata una collaborazione!
Nella logica della separatezza dei ruoli più che in quella della composizione si inserisce l'idea del mediatore dei conflitti o del difensore civico.

La ricerca su il minore e la malattia è stata affidata al Dipartimento di Medicina della procreazione e dell'età evolutiva dell'Università di Pisa - Cattedra di Neuropsichiatria Infantile - ed è stata coordinata dal prof. Fabio Apicella.

L'indagine rileva che l'intervento clinico e terapeutico non può certo bastare allo scopo di preservare il processo di crescita dei minori. Il nodo cruciale resta dunque l'azione di prevenzione, con interventi precoci orientati a ridurre i fattori di rischio e a potenziare i fattori protettivi.
È a questo livello che la scuola, come istituzione, potrebbe e dovrebbe trovare il proprio specifico ruolo accanto ai servizi sanitari e ad altre istituzioni assistenziali.

Un ruolo di rilievo assume l'educazione alla malattia. È dimostrato che il bambino e la sua famiglia possono far fronte in modo migliore alla malattia, e soprattutto alle sue conseguenze, se hanno una buona comprensione della stessa e del suo trattamento. Lo stesso crediamo valga anche per tutti gli altri, insegnanti compresi, che si trovano a confronto, direttamente o meno, con il fenomeno della malattia.

Un riferimento va fatto qui alle scuole polo collegate con le strutture ospedaliere per gli studenti ospedalizzati e al servizio domiciliare, in quanto anche queste attività progettuali rientrano nella strategia di prevenzione e recupero della dispersione scolastica e dell'abbandono.
Particolarmente importante è la figura del docente in ospedale che, oltre a garantire un ponte tra la famiglia e l'ospedale, ha anche il delicato compito di promuovere il diritto all'istruzione in un contesto delicato e complesso.
È, inoltre, in grande espansione il servizio d'istruzione domiciliare, per il quale stiamo utilizzando in pieno le tecnologie e la comunicazione multimediale attraverso il Progetto HSH@NETWORK.
Tale Progetto tende a garantire il diritto allo studio del bambino in ospedale, in day hospital o in terapia domiciliare, nell'ottica, anche in questo caso, di una presa in carico globale dell'alunno malato sia dal punto di vista sanitario che scolastico.

Infine, la dr.ssa Roberta MINACORI del Centro di Bioetica della Facoltà di Medicina e Chirurgia "Gemelli" dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma ha coordinato i lavori del gruppo di ricerca sui comportamenti a rischio in età evolutiva.
  • Viene proposta l'elaborazione di un progetto permanente, di respiro nazionale, di sorveglianza dei comportamenti a rischio nei soggetti in età scolare, similmente a quanto adottato negli Stati Uniti (il famoso Youth Risk Behavior Surveillance System - YRBSS). Questa sorta di Osservatorio potrebbe avvalersi del lavoro della Direzione Generale per lo Studente e della Commissione per la prevenzione e il contrasto del disagio giovanile del MIUR, in contatto costante con i Direttori generali degli Uffici Scolastici Regionali e, attraverso di loro, con le scuole.
  • Si chiede maggiore collaborazione scuola-famiglia, sia perché la famiglia è - per diritto - la prima agenzia educativa del/la proprio/a figlio/a, sia perché la famiglia può essere una delle cause di maggiore vulnerabilità del soggetto in età evolutiva.

L'indagine propone inoltre:

  • interventi miranti ad incrementare la determinazione positiva, le abilità sociali dei giovani (life skill education), attraverso lo sviluppo di competenze sociali e relazionali, aiutandoli a scoprire e valorizzare le capacità per affrontare i compiti evolutivi;
  • interventi miranti alla "decostruzione" dei messaggi mediatici, con discussione sui rapporti tra reale e immaginario e all'uso dei media. In tal senso, il Comitato Nazionale per la Bioetica - nel documento "Violenze, media e minori" (2001) - propone di "fare televisione nella scuola" al fine di decifrare le distorsioni dei messaggi che provengono dai numerosi schermi;
  • interventi nell'ambito della prevenzione dell'uso di sostanze dopanti;
  • interventi miranti a favorire la peer education, tenendo presente la rilevanza del ruolo dei pari nel favorire o prevenire un comportamento a rischio;
  • interventi miranti alla formazione degli insegnanti, affinché siano messi nelle condizioni di individuare i primi segnali di situazioni di disagio e di segnalarle alla famiglia e alle figure competenti.